Recensioni



Dell'Aira-Bruschi



Roma e il difficile compito di essere capitale




Ogni dipartimento universitario di architettura dovrebbe poter disporre di libri come questo da proporre agli studenti-architetti che vivono al tempo stesso città e università, e che fanno della città ospite il fattore propedeutico primo, il naturale campo di esercizio conoscitivo e progettuale applicato. Nella fattispecie il volume Roma città delle istituzioni, Strategie urbane, piani, progetti a cura di Andrea Bruschi e Paola Veronica Dell’Aira, Quodlibet 2022, alla data di uscita “ultimo di venti libri dedicati da docenti del Dipartimento di Architettura e Progetto della SAPIENZA”, trasmette con efficacia, per approfondimento documentale ed argomentazione, il significato del rapporto tra architettura e città, tra storia e fenomenologia del divenire urbano a cui il progetto è chiamato a contribuire nella contemporaneità del dover prefigurare non meno che del fare.

La città è Roma, quindi città capitale dello Stato anche se il titolo lascia in sottinteso questo attributo alludendo già ad una sua difficoltosa se non irrisolta reificazione. Certo, a guardar bene la complessità delle vicende puntualmente ricostruite e il sentimento di frustrazione che spesso affiora nei diversi saggi per le occasioni mancate, verrebbe da pensare che il tipo della città capitale di una nazione ancor prima che di uno stato si può effettuare con facilità di intenti solo quando si parte dalla tabula rasa, non solo fisica ma anche ideologico semantica, quella che Jefferson individua come luogo di nessuno e quindi appartenente a tutti coloro che contribuiscono alla nascita di una nazione. Solo con quei presupposti a Pierre Charles L’Enfant e agli architetti successivi apparirà una prospettiva chiara, e con l’incipit dello schizzo jeffersoniano, per disegnare con coerenza strutturale e di immagine la città di Washington, capitale per eccellenza dell’era moderna. Cosa che pure accade, anche se con maggiore difficoltà, nelle vecchie città d’Europa, da Parigi a Londra, da Madrid a San Pietroburgo e poi a Mosca, poiché maturate al massimo in cinque o seicento anni e quindi non del tutto resistenti a quei processi di ristrutturazione formale oltre che funzionale a carattere ri-fondativo che impone il ruolo capitale. Ma nel caso di Roma, unico al mondo, di anni di costruzione urbana ne abbiamo ben più di duemila e, come ricostruisce attentamente Luca Porqueddu nel suo saggio, il denso palinsesto storico di forma e materia che lo caratterizza, a partire dall’incipit radiocentrico dell’origine, è assai poco disponibile allo sradicamento imposto da nuove logiche di disegno urbano che di conseguenza, tra Otto e Novecento, confermano sostanzialmente l’addensamento centripeto dell’antica capitale ribadito in quella cesaropapista.

Da qui derivano considerazioni alterne tra rinnovate spinte prefigurative ed inanità degli sforzi. Quelli di cui è consapevole Alessandra Capuano quando, nella presentazione, cita un Ludovico Quaroni che con ironico fatalismo parla di “un eventuale improvviso scatto che però si è sempre riusciti ad evitare, da secoli”, così spostandosi l’attenzione sulla concretezza della vivibilità, del verde, dell’archeologia, cioè sul diritto ad essere città ancor prima che città capitale.

D’altra parte il meticoloso excursus storico sul ruolo dei ministeri nello sviluppo di Roma capitale sviluppato da Piero Ostilio Rossi, le distonie nel rapporto con la preesistenza raccontate da Gian Paola Spirito nella prima fase risorgimentale, con il supporto di una eloquente mappatura localizzativa realizzata da Francesca Romana Castelli e Giovanni Rocco Cellini, mostrano una drammaturgia della trasformazione interrotta, parziale, occasionale, con grandi architetture tanto retoriche quanto incapaci di rompere la tela involgente della Roma millenaria.

Paola Veronica Dell’Aira ce lo ricorda bene anche rispetto alla seconda occasione rifondativa, quella della Roma fascista, incapace anch’essa, aldilà della narrazione imperiale, di determinare un disegno strutturale alternativo.

In ben altro contesto politico e culturale lo stesso tentativo dello SDO negli anni Sessanta, a partire dal comprensorio Pietralata e della Stazione Tiburtina secondo una direttrice attrezzata alternativa al sistema radiocentrico, rimane in gran parte inattuato e segna la ritirata negli anni Ottanta verso un piano delle centralità a corona, perché nel frattempo la città si è espansa a macchia d’olio e una sola forte direttrice di polarizzazione delle attrezzature della capitale pare non reggere più, o forse non rispondere ad una articolazione più vasta e distribuita delle aspettative immobiliari. Rimangono le chiamate di tanti architetti tra i quali Samonà, Portoghesi, Purini, Tange e molti altri ma il disegno di una capitale da farsi perde definitivamente consistenza, rimanendo il tema prevalente di una metropoli la cui espansione ha nel frattempo accumulato significativi ritardi sul piano della struttura formale, funzionale e delle infrastrutture.

Non a caso Andrea Bruschi si permette, a ragione, di sottolineare ”lo scotto della miopia, dell’indolenza, e della malafede di chi ha governato questa città” che però, a onor del vero, pare in generale refrattaria ad ogni tentativo di coerente ed incisiva politica di trasformazione urbana. Insomma il problema sta parimenti nella storia della civitas e della polis.

Complice la riforma del titolo V della Costituzione che drena direzionalità di Stato insediata nella capitale a favore delle Regioni, Bruschi ed altri sembrano prendere definitivamente atto di una lunga fase di tentativi inattuati a partire dall’Unità d’Italia, così guardando ad un deciso cambio di focalizzazione degli obiettivi e di registro interpretativo, secondo un’epistemologia del progetto allargata ad altre discipline come le scienze ambientali, la sociologia e la psicologia urbana. E’ quanto emerge dal progetto Anello Verde “tra sistema ferroviario, assetto ambientale e rigenerazione basata sui criteri della vivibilità dello spazio urbano senza rinunciare ad elementi di forza insediativa di interesse pubblico, per la ricerca e la cultura” e del polo est con particolare riferimento al nodo Tiburtina – Pietralata dove la dimostrazione progettuale, supportata da elaborazioni applicate della scuola di dottorato in Architettura, Teorie e Progetto e da tesi di laurea, entra nel concreto delle ambizioni possibili, senza però scadere in certe pratiche rinunciatarie di “rammendo” anziché pseudo-ambientali di “giungla urbana”, piuttosto attraverso un’architettura ancora consapevole del fare, se non una capitale, una vera e propria città.

Questa variazione prospettica non impedirà comunque a Roma, come suggerisce la Dell’Aira, di interpretare in senso universale il significato di capitale come nel caso della proposta di Walter Tocci di una Capitale del Mediterraneo attraverso un Forum permanente euromediterraneo (FERO) basato su valori, oggi più che mai necessari, portatori di “dialogo, diplomazia, intercultura, solidarietà”. Un’assai differente retorica, ma non meno importante, dell’essere capitale.

Carlo Quintelli

Scheda libro

Curatori: Andrea Bruschi e Paola Veronica Dell’Aira
Titolo: Roma città delle istituzioni.
Sottotitolo: Strategie urbane, piani, progetti
Lingua: Italiano
Editore: Quodlibet
Caratteristiche: formato 24x20 cm, 240 pagine, brossura, colori
ISBN: 9788822908810
Anno: 2022