Fig.
1 - Commento visivo di Gianfranco Baruchello a Le ballate della
signorina Richmond di Nanni Balestrini (Roma 1977)
Fig.
2 - Hans Bellmer, Poupée: Variations sur le montage
d’une mineure articulée, da
“Minotaure” 5, 1934.
L’impulso
al gioco sta a metà strada tra sensibilità e
intelletto, dice Schiller.
È uno spazio innanzitutto estetico che raccorda materia e
forma.
Tra materia e forma c’è sempre stato il gioco
dell’arte, il gioco dell’architettura.
I bambini con furore smontano e rimontano i giochi che gli adulti
donano loro. Così attraverso il gioco avviene
l’appropriazione del mondo esterno, ma anche il suo
allontanamento nella costruzione di un mondo nuovo, dove i pezzi di
ieri sono riconnessi in modi nuovi e imprevedibili.
È l’azione trasformativa che si esprime attraverso
il gioco.
Queste cose le scrive Benjamin quando parla dei giocattoli.
Ora, ci sono diversi tipi di gioco. Quelli fisici, di
abilità, di azzardo, di rappresentazione.
Qui interessa il gioco come processo combinatorio, come
capacità di assemblaggio: fare a pezzi la bambola per
rimontarla diversa.
Un poco gioco di abilità, un poco di rappresentazione. Anche
l’azzardo non è estraneo. Nel senso della
casualità che sempre alimenta ogni gioco, che precede la sua
strutturazione in un insieme di regole condivise.
Dunque gioco e montaggio partecipano delle medesima tensione
trasformativa.
Dunque gioco e montaggio si oppongono al reale.
Fare a pezzi la realtà per rimontarla diversa. Questo ha
sempre fatto il cinema.
In più gioco e montaggio invitano a farcela con poco: con i
pezzi di scarto, con i residui del mondo degli adulti. Con le
architetture di ieri o dell’altro ieri. Quelle che lo Spirito
del tempo lascia indietro. Quelle da cui, per troppo amore, non
possiamo staccarci.
È un messaggio di speranza, in fondo.
Non sbagliava Sklovskij quando sosteneva che nella vita tutto
è frutto di montaggio.
Se si vuole capire cosa sia l’arte bisogna procedere a
smontare la bambola.
Sarà una storia di errori, di ritorni, di sconfitte. Di
tentativi di venire a capo al labirinto infinito di
possibilità.
Solo allora avremo un’altra bambola.