Recensioni

Gandolfi FAM

Le architetture metropolitane di Paulo Mendes da Rocha.
Tra concezione spaziale e ideazione strutturale.

Con il libro Matter of Space. Città e architettura in Paulo Mendes da Rocha, Carlo Gandolfi indaga in profondità il concetto di spazio in architettura, intendendolo nella duplice accezione espressa, nel titolo stesso, dall’uso della parola matter, che rimanda insieme alla questione e alla materia spaziale1.
Dichiarando il suo interesse nei confronti di un modus operandi che «costruisce […] un solido itinerario teorico attraverso la pratica dell’architettura»2, l’autore decide di confrontarsi, all’interno di questo generale campo d’indagine, con il pensiero e l’opera di Paulo Mendes da Rocha, approfondendo soprattutto il tema del progetto dell’edificio collettivo. Questa scelta gli consente di rivolgere il suo sguardo critico verso la trattazione dell’argomento spazio «nella sua duplice accezione alla scala dell’architettura e della città»3.
D’altronde, ci spiega Gandolfi, il rapporto edificio-città si colloca, per Mendes da Rocha, all’interno di un preciso punto di vista politico e culturale che, ponendosi a monte delle pratiche progettuali, coincide con una chiara intenzionalità – corrispondente a una precisa concezione del mondo – in cui lo spazio architettonico è immaginato alla stregua di un grande riparo collettivo, come espressione di un «progetto sociale […], dove ciascuno accetta la convivenza con gli altri, senza muri solidi, ma all’interno di nuove e ricercate condizioni di rispetto umano»4.
Condividendo questo punto di vista, l’autore articola la sua trattazione seguendo una concatenazione logica abilmente espressa attraverso l’elaborazione di un itinerario ciclico: un percorso di andata e ritorno dalla città all’architettura e, viceversa, dall’architettura alla città.
Nei primi capitoli del volume, si descrivono le principali caratteristiche spaziali che connotano la metropoli contemporanea, di cui San Paolo rappresenta un caso emblematico. Oltre a rimarcarne la smisurata estensione, Gandolfi rileva anche l’alto grado di introversione e di entropia degli spazi urbani, esito di una prassi costruttiva che, attraverso un «fare senza figura», riduce l’espressività dell’architettura a «parola senza mito»5 e che, attraverso una «vivace prolificazione di segni», genera una «callosità percettiva»6 nell’esperienza della metropoli.
In termini architettonico-spaziali, queste condizioni si tramutano, da un lato, nell’esigenza di luoghi pubblici capaci di competere con la grande scala metropolitana e, dall’altro, nell’esigenza di edifici collettivi connotati da un linguaggio architettonico rappresentativo. In altre parole, queste condizioni si tramutano nella ricerca di un’idea di monumentalità fondata sull’eloquenza dell’architettura, capace di esprimere in maniera inequivocabile, all’interno dell’opera, il rapporto tra l’idea di spazio soggiacente al progetto e la forma costruita.
Nell’opera di Mendes da Rocha, il concetto di spazio affonda le proprie radici nell’ideale civile di voler liberare, nel caotico fluire dello spazio metropolitano, un grande luogo urbano dotato di un potente senso collettivo e capace di offrirsi liberamente a tutti.
Al contempo, lo spazio inteso come materia – e con esso gli elementi architettonici che lo conformano – si fonda sempre su una ideazione strutturale7. Come in un gioco di corrispondenze, le forme tecniche della costruzione si fanno «veicolo della […] forma spaziale»8  dell’edificio, modellata sulla base di idee architettoniche fondate, a loro volta, su ideali civili, concepiti a partire dalla problematizzazione del rapporto con la città: «l’idea è legata all’espressione come la forma è legata alla struttura»9.  
In tal senso, l’eleganza strutturale degli edifici di Mendes da Rocha è intesa come l’esito della ricerca di un’audace leggerezza, una leggerezza che però assume un forte peso concettuale poiché esprime, attraverso la sua corporeità, l’idea di liberare uno spazio, di produrre una pausa capace di resistere alla rumorosa velocità della metropoli, di costruire un luogo in cui fermarsi e sostare al riparo dell’architettura.
A questo punto, l’itinerario concettuale disegnato da Carlo Gandolfi appare con chiarezza all’orizzonte del lettore: si tratta di «capire come un edificio possa contribuire a contrastare l’entropia e la compressione che dominano lo spazio urbano contemporaneo, fatto di brandelli, di interruzioni, di cicatrici»10. Nello specifico, si tratta di comprendere come, nell’opera di Mendes da Rocha, il gesto tecnico dell’architettura riesca a «taglia(re) via tutti i sensi parassiti e presenta(re) al pubblico una pura e completa significazione, tonda come una natura»11, conquistando in questo modo una dimensione consolatoria, rasserenante nei confronti dell’«ambiguità costitutiva»12 che connota gli spazi e la vita nella metropoli.
Le categorie concettuali e le tecniche analitiche adottate per l’approfondimento dei «paradigmi metropolitani» scelti come casi di studio sono attentamente commisurate a questa intenzionalità.  
Gandolfi indaga i contenuti spaziali delle architetture di Mendes da Rocha attraverso l’analisi di un triplice ordine di relazioni: tra l’edificio e i sistemi urbani, tra gli spazi interni e gli spazi aperti all’intorno dell’edificio e tra gli spazi interni che compongono l’edificio stesso.
Oltre al modello tridimensionale, attraverso cui la natura essenzialmente strutturale dell’architettura raggiunge la sua massima forza espressiva13, lo strumento prediletto dall’analisi è la sezione, intesa come un dispositivo capace di ricostruire l’articolazione e la sequenzialità degli spazi, oltre che di rappresentarne le logiche strutturali.
Inoltre, a valle dell’analisi, Gandolfi elabora una riflessione critica attorno ad alcuni concetti-cardine, utili a comprendere le sintassi costruttive della poetica architettonica di Mendes da Rocha, tra cui la nudità dell’ossatura strutturale (capace di condensare ed esprimere enfaticamente l’ossatura concettuale dello spazio), il giunto, che è insieme legamento e punto di sconnessione (e che viene indagato sia nel suo significato spaziale, sia nel suo significato tettonico-strutturale) e la prossemica, ovvero il controllo delle distanze tra gli elementi che conformano lo spazio architettonico (indagata all’interno delle logiche strutturali dell’edificio e delle metriche spaziali del suo intorno urbano).
La conformazione degli elementi architettonici è indagata in quanto esito di un processo di figurazione che si delinea «non tanto in un’ottica di una moralistica sincerità costruttiva, quanto, piuttosto, secondo una narrazione dell’elemento stesso che si confronta con l’economia concettuale dell’edificio»14.
«Per Mendes da Rocha – scrive Gandolfi – l’architettura è una tecnica poetica»15 e, attraversando questo mondo poetico della costruzione tettonica, fatto di elementi, forme e connessioni, comincia il viaggio di ritorno verso la città.
Oltre a costituire le modalità di controllo dei rapporti spaziali interni all’edificio – strutturati secondo un’articolazione gerarchica e al contempo unitaria – la conformazione degli elementi architettonici e l’arte delle loro connessioni definiscono, al contempo, anche i rapporti di apertura, di continuità, di permeabilità visiva e di accessibilità fisica tra gli spazi interni dell’edificio e gli spazi aperti circostanti della città.
Attraverso l’espressività delle forme della costruzione si definiscono, infine, anche i rapporti con i sistemi urbani a grande scala. Infatti, rimandando al profondo valore civile dell’architettura, i progetti di Mendes da Rocha sembrano riferirsi a un’idea di città costruita per punti isolati, (o «luoghi notevoli»). La sua ricerca è volta a individuare, all’interno del campo espressivo offerto dalla costruzione tettonica, i caratteri spaziali e morfologici più idonei a corrispondere al senso dell’edificio nella città, a relazionarsi, a interagire e a modificare i luoghi e i sistemi di luoghi urbani in cui tale edificio si colloca.
In questo libro, Carlo Gandolfi ci descrive le modalità attraverso cui Mendes da Rocha è riuscito ad assumere la città, la conoscenza dei suoi più profondi contrasti e delle sue più intime contraddizioni, come punto di partenza per l’ideazione spaziale e strutturale (nonché per la effettiva costruzione) delle sue architetture.
Analizzando da un lato le sue opere e accostandosi dall’altro al suo pensiero, questo libro apre a un’ampia e profonda riflessione sull’insegnamento – teorico e metodologico – tramandataci dal lavoro di Mendes da Rocha, architetto che Gandolfi elegge a pieno titolo a suo Maestro, perché in grado di offrirci un chiaro punto di vista e degli strumenti operativi concreti per tornare a sperimentare la positiva trasformazione della città attraverso la pratica dell’architettura.

Giuseppe Tupputi


1 Gandolfi C. (2018) – Matter of Space. Città e architettura in Paulo Mendes da Rocha, Accademia University Press, Torino, p. 13.
2 Ivi, p. 14.
3 Ivi, p. 13.
4 Motta F. (1967) – “Paulo Mendes da Rocha”. Acrópole XXIX, 343 (settembre), pp. 17-45.
5 Assunto R. (1984) – La città di Anfione e la città di Prometeo. Idea e poetiche della città, Editoriale Jaca Book, Milano, p. 149.
6 Gandolfi C. (2018) – Matter of Space, op. cit., p. 38.
7 Moccia C. (2019) – “Apologia della costruzione”. In: Gandolfi C. e Fidone E. (a cura di), Paulo Mendes da Rocha. Spazio tettonico, Lettera Ventidue, Siracusa 2019.
8 Neumeyer F. (1996) – Mies van der Rohe. Le architetture, gli scritti, Skira, Milano, p. 313.
9 Falasca C. C. (2007) – Incontro con Livio Vacchini su tecnologie e cultura del progetto, Franco Angeli, Milano, p. 98.
10 Gandolfi C. (2018) – Matter of Space, op. cit., p. 27.
11 Barthes R. (1957) – “The world of wrestling”. In: Barthes R., Mythologies, Éditions du Seuil, Paris 1957, pp. 5-14.
12 Ibidem.
13 De Marco M. L. (2015) – Studio di “Spazio” n.6: Struttura come Forma, Luigi Moretti. [online] Disponibile a: http://www.arcduecitta.it/2015/12/struttura-come-forma-luigi-moretti-spazio-n-6-studio/ [Ultimo accesso: 20 aprile 2020].
14 Gandolfi C. (2018) – Matter of Space, op. cit., p. 223.
15 Ivi, p. 236.





Autore: Carlo Gandolfi
Titolo: Matter of space. 
Sottotitolo: Città e architettura in Paulo Mendes da Rocha
Lingua del testo: italiano/inglese
Collana: AAC – Arti | Architettura | Città – studi, temi, ricerche
Editore: Accademia University Press
Caratteristiche: formato 21 x 21cm, 408 pagine, brossura, a colori
ISBN: 978-88-99982-27-0
Anno: prima edizione febbraio 2018, seconda edizione luglio 2018