I terremoti come forza che ricostruisce.
Tre proposte sudamericane (due del passato, una utopica contemporanea) e riflessioni sul loro significato

Bruno Barla Hidalgo




Si no sabes dónde vas nunca sabrás si has llegado

Lewis Carroll

1. Il continente sudamericano di fronte all’Oceano Pacifico

Iniziamo questo scritto osservando poeticamente i bordi sudamericani[1] di questo Oceano Pacifico, un nuovo ed enorme “Mare Nostrum”.

Aiutiamoci con la poesia epica di Amereida per capire questa realtà, nei seguenti versi del poema:

América[2] fue querida y ocupada por sus bordes (p.17)

[America fu richiesta e occupata nei suoi bordi] [rif.1]

Vivimos al borde frente a cuanto no cobra transparencia de realidad en nuestras propias existencias (p.18)

[Abitiamo ai bordi davanti a quanto non trova trasparenza di realtà nelle nostre proprie esistenze] [rif.2]

Que heredamos amanecidos en este borde? (p.26)

[Cosa ereditiamo svegliandoci in questo bordo?] [rif.3]

Heredamos esta capacidad de desconocido (p.27)

[Ereditiamo questa capacità di sconosciuto] [rif.4]

“Sconosciuto”: abitiamo davanti a un continente sconosciuto e a un mare sconosciuto; siamo davanti a una terra “abissale”, enorme e un enorme e inesplorato mare che ci apre all’avventura[3]. [rif.4]

Continuiamo ascoltando la parola poetica:

Entonces aparece lo abisal ¿cuándo lo abisal? Cuando el país de los ojos lo vigente por visible se separa abruptamente de lo que asientan los pasos y el pasaje América es abisal surge como un monstruo para nosotros y un impedimento para el pasaje (p.158)

[Allora appare l’abissale quando l’abissale? Quando il paese degli occhi, l’esistente per il visibile si separa radicalmente da quello che stabiliscono i passi e il passaggio America è abissale sorge come un mostro per noi e un impedimento per il passaggio] [rif.5]

Il continente America (fu) un regalo per l’Europa che cercava l’Oriente e, nel mezzo del suo cammino, apparve un nuovo continente: America. Colombo non seppe mai di essere arrivato in una terra sconosciuta[4].[rif.4]

1.1 Il continente sudamericano: le città nell’entroterra i porti in riva al mare

Il progetto coloniale spagnolo fu quello di collocare nel continente sudamericano le città, non lungo la costa, ma lievemente verso l’interno[5]. Così nacque Santiago del Cile all’interno e, sul mare, il porto di Valparaíso. Questo popolamento del continente, avvenuto principalmente nei margini, fece sì che il suo centro fosse disabitato[6][rif.1] un “Mare Interiore” come una realtà da considerare, presente nell’abitare di questo continente. [rif.2]

La poesia lo nomina: “Mare Interiore”, per non pensarlo dal punto di vista della conquista e dell’insediamento umano, ma come una realtà poetica che apre a riflettere. [rif.3]

Se la poesia, al dire di Rimbaud, va prima dell’azione, ascoltarla, ci permette di pensare in un modo che apre a un campo creativo.

Noi, abitanti dei bordi di questo continente, siamo il frutto di un incrocio razziale di popoli originari e migranti europei, che ancor oggi non riesce a intendersi[7]. [rif.6]

La parola poetica di Amereida dice:

América regalada ¿se ha aceptado a si misma?[8] (p.15)

[America è regalata, si è accettata?] [rif.6]

Nuestra raíz no está preñada de su hoyo, nuestro apoyo esta en los aires vasto como la residencia de los pájaros[9] (p.46)

[la nostra radice non è nutrita del suo buco, il nostro appoggio è nell’aria, grande come la residenza degli uccelli] [rif.7]

Qui il testo poetico è per noi architetti sudamericani che ascoltiamo la poesia “chiarificante” le nostre radici in questa America, sono nell’aria. [rif.7]

Perché è importante portare la parola poetica in un testo che parla di terremoti? Perché parla di questa terra che abitiamo, che a malapena conosciamo in superficie e ancora meno in profondità, dove i terremoti hanno inizio. [rif.4]

1.2 La terra in cui viviamo

Viviamo nella conca dell’Oceano Pacifico e, intorno ad essa, una enorme faglia, sommersa davanti alla costa, crea una fossa abissale, contornata da circa 4.000 vulcani conformando la Cintura di Fuoco del Pacifico.

Questa grande faglia definisce i bordi dell’Oceano e le terre continentali con un litorale molto profondo, arrivando a 8.000 metri: la faglia di Nazca, che scorre lungo tutta la costiera sudamericana e nordamericana. Viviamo negli orli di queste spaccature. Viviamo nei bordi di un abisso.

Cosa portano i terremoti: innanzitutto destabilizzano l’esistenza umana, ma dopo permettono il “Ri”, Ri-costruire, Ri-nascere.

1.3 Ri-flessioni intorno al “Ri”

La terra trema, case, strade, città che crollano, ma dopo, avviene la possibilità di ri-cominciare.

Una continua ri-costruzione.

Capacità dell’uomo per ri-vedere, ri-nascere.

Il Ri-nascimento; Ri-nascita del tempo classico romano, non è una copia dell’architettura e dell’arte, di quel tempo passato, è un ri-vederla, ri-pensarla, ri-costruirla, così possiamo pensarla oggigiorno anche noi.

Il Ri-sorgimento, sorgere nuovamente.

Il terremoto mette a prova questa nostra capacità, propria dell’essere umano.

L’uomo si ri-nnova.

Morire per ri-sorgere (il grano che muore e dà la vita alla pianta), la risurrezione. [rif.15]

Osservare il mondo e vederlo sempre nuovamente, questo, penso sia il compito di ogni architetto.

Il vero viaggio alla scoperta, non consiste nel cercare nuovi territori, ma nell’avere nuovi occhi[10].

E così che un’opera di architettura del passato, a osservarla attentamente, ri-nasce, si fa presente nell’oggi.

Epilogo del paragrafo anteriore: non sappiamo come i terremoti siano, e quando arrivano, quale sarà la loro forza. Solo sappiamo come li osserviamo o come li interpretiamo, abitiamo in mondi fatti da interpretazioni.

Con i terremoti, si capisce che non disponiamo dei meccanismi biologici che ci permettano di avere la percezione di come le cose avvengano.

2.Spazio di luce

Incominciamo questa seconda parte di questo scritto, con l’esperienza di Alberto Cruz nel progetto della Cappella Pajaritos[11], a Santiago del Cile, che diede inizio, in architettura, alla “Scuola di Valparaíso”.

In questo progetto, che sebbene non ha una relazione con i terremoti, nasce un concetto spaziale della luce dell’orazione, che sarà dopo rielaborato nei progetti che qui si esporranno.

Il progetto della Cappella Pajaritos, prende avvio da una osservazione sulla luce e sullo spazio all’atto della preghiera; nasce così una luce tenue e uniforme che seppure non si costruì, fu di fondamentale ispirazione nella costruzione delle chiese dopo il terremoto del 1960.

2.1 Un rinnovato “atto architettonico”

Dopo il terremoto di Valdivia nel 1960, la Facoltà di Architettura dell’Università Cattolica di Valparaíso fu incaricata di ricostruire e progettare, ex-novo e gratuitamente, le chiese distrutte, vedendo la possibilità di un reale operare architettonico. Vi era la possibilità di introdurre le nuove forme liturgiche che in quel momento erano in corso nelle quali si passava dall’atto dei fedeli direzionato verso l’altare (e la crisi intorno alla partecipazione), col celebrante di spalla, all’atto in comunità intorno al celebrante (per la partecipazione di tutti).

E così che le nuove chiese del sud, dopo il terremoto, nacquero con una nuova proposta liturgica, che portò a un nuovo modo di celebrazione, nel quale l’assemblea dei fedeli si ridefinì come “segno di democrazia”.

Ci fu inoltre la possibilità di utilizzare questi spazi anche per funzioni non liturgiche come riunioni, assemblee, eccetera. Con questa nuova forma, gli sguardi lontani si intrecciavano con quelli dei fedeli vicini, costruendo nell’interno della chiesa “traiettorie visuali virtuali”.

Un’esperienza unica nel rapporto professori-alunni, architettura-costruzione che, se pur le opere furono essenziali, si cercò una grande ricchezza spaziale attraverso una luce sfumata (radente), creando all’interno una soave penombra (adatta all’atto dell’orazione).

Una luce che entrava dalle finestre filtrata, rifacendosi all’eredità del progetto della Cappella Pajaritos.

2.2 Chiesa di Corral e Chiesa gesuita di Puerto Montt

Dei vari casi che furono sviluppati dal progetto alla costruzione, tutti nelle zone colpite del terremoto, qui di seguito, parleremo di due: la Chiesa di Corral e la Chiesa gesuita di Puerto Montt.

Chiesa di Corral:

Esisteva una modesta chiesa costruita da artigiani locali che il terremoto del 1960 distrusse. Fu preso perciò l’incarico architettonico; si trattava di lavorare con quello che c’era, con una forma architettonica fondata “nell’atto dell’orazione”. Una forma architettonica che non fosse “presente nei suoi materiali”, ma nella “luce dello spazio” per l’orazione. Partendo dall’esistente fu fatta una metamorfosi.

Si inserì nella preesistenza uno scheletro autonomo che diede stabilità al vento e ai movimenti sismici di tutti gli elementi.

La nuova struttura fu introdotta nella vecchia, senza demolire la tettoia per poter lavorare d’inverno. Due grandi travi di 20 metri in legno sostenevano la volta e le coperture piane appoggiandosi su due strutture verticali di sostegno collocate negli estremi della chiesa.

Le travi di 20 metri, in legno con nodi in cemento armato, richiedevano solo tagli semplici delle parti di legno. Le casseforme per il cemento armato, erano molto elementari, per poter così lavorare con operai non di mano d’opera specializzata nella costruzione. Questo sistema si impiegò più tardi anche nella chiesa gesuitica di Puerto Montt.

Molte chiese distrutte furono inutilmente demolite per ordine delle autorità e sostituite con capannoni industriali.

Ma a Corral, sorge la possibilità di fare architettura e di introdurre, la nuova liturgia, in uno spazio unico (senza navate), con una luce pensata per l’orazione.

Chiesa gesuita di Puerto Montt

Dai quaderni di Alberto Cruz Covarrubias, architetto dei lavori:

[…] a partire del terremoto dell’anno 60 nel sud del Cile, abbiamo preso a nostro carico di ricostruire opere che nessuno si interessava di fare. [...] guardando nella storia dell’architettura, pensiamo che essa non sia uno sviluppo storico ma un molteplice presente. […] abbiamo deciso di togliere la sua condizione di copia, in onore all’architettura, e attraverso essa in questo paese colpito dai terremoti, abbiamo fatto sì che il vuoto spaziale interno, trovasse i suoi propri limiti. Si tratta così di una discontinuità basica […] per questo davanti al vuoto interno abbiamo costruito superfici limitanti, costruite con massima cura per la disposizione dei legni e le sue venature […], in modo che tra il vuoto centrale e le superfici limitanti, si costituisse una virtuale intersezione […], un anello intorno al vuoto di limiti piani costruiti per la diagonale..., essi ricevono la luce in una modalità iridescente […] abitiamo in un continente che non ha un Partenone, né una processione di opere originali, per questo la poesia ci ha segnalato che l’opera originale sarà la parola poetica[12]. (Cruz Covarrubias 1961)

Perciò pensiamo che in questa America, le fondamenta della creazione architettonica si trovi nella parola, nella parola poetica.

La parola poetica di Amereida e anche di alcuni altri poeti[13] è una manifestazione che apre al pensiero architettonico.

Dai quaderni di José Vial Armstrong, architetto dei lavori, possiamo apprendere le difficoltà con le quali si trovarono gli architetti con i sacerdoti committenti, difficoltà nel comprendere, da parte di molti di loro, l’architettura contemporanea[14].

Dai suoi appunti:

[…] Il nuovo si costituì come una superficie piatta, mostrata dalla diagonale, così si stabilisce in relazione all’antico una discontinuità. La discontinuità dentro uno spazio chiuso, unico, in pianta a croce, porta la complessità che apre al molteplice modo di stare in una chiesa. Le superficie piatte costruiscono un altro orizzonte luminoso -non naturalistico- con una luce rimbalzante nella quale l’antico si sommerge –così come è, contenuto in un’altra lontananza. Tutta questa ricostruzione è piena architettura, allacciando il nuovo col vecchio. Non una chiesa delle forme presenti, ma una della forma dell’assenza […] (Vial Armstrong 1962)

Nuova liturgia che assume la crisi della partecipazione dei fedeli proponeva la prossimità dei fedeli all’altare, evitando una relazione unica e omogenea con esso, dando possibilità alla non liturgia come le riunioni, le assemblee ed altro. Ascoltiamo la poesia:

Porque el don para mostrarse equivoca la esperanza (p.3)

[Perché il dono per mostrarsi equivoca la speranza] [rif.8]

La tierra emerge cuando nos encuentra sentido (p.12)

[La terra emerge quando ci trova senso] [rif.9]

Tiene signo nuestro origen? (p.12)

[Ha segno la nostra origine?] [rif.10]

Pero un regalo es presente (p.14)

[Ma un regalo è un dono] [rif.11]

Sino y signo que demandan (p.14)

[Segno che richiede] [rif.12]

Podemos interrogar poéticamente el propio desenvolvimiento del signo (p.15)

[Possiamo interrogare poeticamente il proprio sviluppo del segno] [rif.13]

Tratamos de hallar la inscripción (p.79)

[Cerchiamo di trovare l’inscrizione…] [rif.14]

volver, hay un llegar que es volver, así como el alba es un perpetuo volver, vivimos orientados por la palabra volver un continuo volver” (p.184)

[tornare, c’è un arrivare che è tornare, così come l’alba è un continuo tornare, viviamo orientati dalla parola tornare un continuo tornare] [rif.15]

con le chiese del sud, si cerca il “Segno”, lasciando un’“inscrizione” (in pianta, nella forma dell’assemblea) della nuova liturgia.

3. Valparaíso, verso la città sognata

3.1 Ri-tracciandola

La notte del 16 agosto di 1906, un terremoto di magnitudo 8.2 (scala Richter) distrusse quasi completamente Valparaíso, porto, centro finanziario e importante città del Cile.

Dopo il terremoto i cittadini vogliono ri-tracciare[15] una parte grande della città, il quartiere Almendral[16] che rimase devastato più che dal terremoto, dagli incendi che sorsero per la rottura dei tubi del gas e dell’acqua.

È così che i cittadini esprimono una persistenza nell’abitare un luogo, ri-ordinandolo. Si vuole rinnovare la città, sotto un nuovo tracciato che regolarizza le sue strade perché – come sostenevano i cittadini – diventasse una “vera città” come Santiago, con un tracciato regolare. Si crea una nuova zona residenziale, su una collina piatta Playa Ancha, e un nuovissimo quartiere residenziale a nord, Viña del Mar, che nasce come “città giardino”, luogo dove andranno a vivere i gruppi sociali più benestanti fuggiti dai contagi di epidemie che il terremoto portò per la mancanza d’igiene.

Ma nel 1914 si apre il canale di Panama, le navi non fecero più il giro al sud del continente, dal Cap Horn o dallo Stretto di Magellano, perciò non fecero più scalo in questo porto, i progetti si fermarono ed il sogno dei cittadini crollò. [rif.8]

3.2 Si sogna la perfezione di una città

Verso la realizzazione di un sogno. Abitanti, autorità locali e statali, sognarono ampie vie, isolati regolari, linee rette, giardini, passeggiate.

Nei piani di ricostruzione si univano non soltanto la necessità di una nuova città, ma anche la proiezione delle aspettative e delle idee della città desiderata. Città come un “Segno” urbano “democratico”.

La distruzione di Valparaíso nel 1906 portò con sé una burrascosa discussione sul nuovo piano della città, mettendo sul tavolo di lavoro le diverse visioni rispetto al suo valore come immaginario e luogo comune.

Si volevano viali di 46 m di larghezza e strade trasversali di 20 m, una nuova idea dello spazio pubblico urbano, piazze, parchi, un abitare dal piede in vicinanza, e dall’occhio in profondità, un’armonia tra piede e occhio [rif.9].

I progetti di ricostruzione pensavano non solo alla rettificazione, all’allargamento e alla creazione di nuove vie e viali, ma anche di sotterrare i corsi d’acqua che scendono dalle colline. Si crearono nuove strade, che attraversavano tutto il nuovo quartiere rettificato, l’Almendral.

Riprendendo l’osservazione sviluppata precedentemente, della “luce” e dello spazio unico, “inscrizione di segno democratico”, possiamo dire che anche qui, la luce divenne un fatto prioritario: strade luminose, il sole accompagnava l’atto cittadino, attraverso le nuove dimensioni dello spazio che ospiterà la vita pubblica di una città per tutti.

«La città come prodotto di una società e di uno spazio che la definisce e la condiziona»[17].

La rigenerazione è anche un processo condotto per il desiderio di tornare alla vita sociale e culturale che il disastro ha minacciato, il genius loci - il senso del luogo - sguardi vicini tra le persone e sguardi lontani verso il paesaggio (verso le colline e verso il mare) in una unità spaziale.

Ci fu un consenso su quali valori generali avrebbero dovuto ispirare una Valparaíso ideale, specificando la ricerca di una città più moderna, più igienica, più civile, con una inscrizione (la pianta) democratica (come nella nuova liturgia).

Così la catastrofe si trasformò in una opportunità per ridisegnare lo spazio urbano, generandosi come una grande “finestra”, per mezzo della quale si osservarono, in modo più nitido, i valori urbani di una società. La città aveva il potere di farlo. Però mancarono i soldi, il porto non fu più come prima, ma nacquero dopo il terremoto, nuove istituzioni come il Servizio Sismologico del Cile che prima non esisteva.

Oggi, agli abitanti di Valparaíso, d’inverno, l’acqua che scorre dalle colline inonda le loro case. Loro le riparano e tornano ad abitarci in un continuo ri-torno.

Oggi, e da sempre, gli abitanti vedono la loro casa crollare per i terremoti ma la si ricostruisce; molte case, costruite col sistema del balloon frame, si fendono ma non cadono, si rompono gli stucchi, che dopo ogni scossa si riparano col gesso. Un continuo riparare, dopo il continuo tremare distruttivo della terra. [rif.15]

Questa è una continua capacità di rigenerarsi.

Oggi Valparaíso è Patrimonio UNESCO, custodisce e cura alcuni dei suoi spazi che si apprezzano negli sguardi acuti, tra le colline e i suoi vecchi edifici[18].

Un vecchio che non vuole morire ma con difficoltà si difende.

Altre città sono colpite gravemente dai terremoti come San Francisco in California (la stessa faglia ma con un altro nome), Lisbona in Portogallo. Queste città hanno potuto recuperarsi apportando al mondo conoscenze che prima dei terremoti non esistevano, iniziando così un grande cambiamento scientifico[19] e anche filosofico[20].

Perciò dovremo renderci conto della nostra vulnerabilità di vivere accanto a un’enorme faglia invisibile, che ci scuote dal basso.

4. Pensando una nuova città

Come abitare questa terra che trema e il mito della Fenice, del continuo ri-costruire. Con l’osservazione iniziale della luce conformatrice di un vuoto architettonico, unico come “inscrizione democratica”, possiamo pensare utopicamente una fascia del territorio centrale in Cile nel parallelo 33 sud.

4.1 Proposta di Cittá-regione

Possiamo pensare nella zona centrale del Cile un territorio di cittá-regione.

Santiago del Cile, oggi metropoli, si avvia a diventare una megalopolis. Ma dato che le megalopolis hanno sempre un senso negativo (città enormi, congestionate, contaminate, invivibili), possiamo pensare utopicamente all’unione tra Santiago del Cile (entroterra) e Valparaíso (sul mare) come a una megalopolis “felicemente abitabile”, oppure per dirla con parole migliori: «una città-regione felicemente abitabile».

4.2 Per poter pensare questo territorio, la poesia ci puo accompagnare.

Ascoltiamo allora la parola poética di Amereida:

Como recibir América desvelada? (p.25)

[Come ricevere questa America svelata ?] [rif.16]

Desvelar rasgar el velo (p.25)

[Svelare rompere il velo?] [rif.17]

Consentir que el mar[21]…nos atraviese (p.25)

[Consentire che il “mare interno” ci attraversi] [rif.18]

Travesía… la amenaza de lo oculto se dé a luz de canto… (p.26)

[Traversia…che la minaccia di quello che è nascosto si presenti come la luce di un profilo...] [rif.19]

4.3 Come operare ?

Estamos en una tierra en que el obrar es leve (p.95)

[Siamo in una terra in cui l’operare è lieve][ rif.20]

Travesía para palpar el presente de lo leve (p.96)

[dobbiamo attraversare questa terra per palpare il presente di questa lievità] [rif.21]

… con dicho lenguaje hemos de mirar nuestro oficio de habitar (p.120)

[…cosí con questo linguaggio dobbiamo guardare questo nostro mestiere di abitare] [rif.22]

¿Cómo en vez de asolar y allanar para olvidar el abismo como podríamos consolarlo? (p.160)

[Come invece di devastare e pavimentare per dimenticare l’abissale come potremmo consolarlo?]

[rif.23]

Solo se consuela la tierra, solo se logra suelo cuidando del abismo… (p.160)

[Solo si consola la terra, solo si raggiunge il suolo prendendosi cura dell’abissale...] [rif.24]

Así irrumpió América y entró en trance, este es su origen estar en trance, trance presente presente lo que tiene un destino, destino es una fidelidad al origen (p.163)

[Cosi irrompe America ed entra in transizione, questo è la sua origine essere in transizione, transizione presente presente è quello che ha una destinazione, destinazione è una fedeltà all’origine] [rif.25]

4.4 Questa nostra America è abissale

Per poter osservare e pensare questo territorio, come togliere il velo, romperlo, per consentire che il “mare interno” ci attraversi, bisogna percorrerlo con uno sguardo acuto, poeticamente pensante, così la minaccia di quello che è nascosto, si presenti come la luce di un profilo, [rif.19] cioè non diretta ma attraverso un riflesso. Come fare opere di architettura che riflettano la luce (Heidegger affermava che la luce esiste quando il tempio attraverso le sue colonne la riflette). Opere pensate per questo, ma tutte le costruzioni lo fanno? No! Paul Valery in Eupalino[22] attraverso l’architetto dice che la maggior parte delle opere di architettura sono mute, altre parlano, alcune invece cantano; perciò dobbiamo fare opere che cantino, all’abitare dell’uomo nel mondo, attraverso la luce del sole che le riflette e le trasformandole in “un segno” significante.

4.5 Santiago cresce verso Valparaíso, proposta di una «regione architettonica in un territorio felicemente abitabile»

Creare una nuova città-regione in un territorio nel quale si conoscono le faglie nascoste che in un certo momento si apriranno, i vulcani esistenti conosciuti e quelli possibili che appariranno e gli effetti devastanti del cambio climatico. Terra studiata (l’abitare poetico che propone Heidegger è un abitare pensante), attraversata per poter viverla osservandola e poter così anticipare le faglie che appariranno con i terremoti, per convivere con esse e con la natura.

4.6 Parola poetica

Per poter pensare questo progetto utopico la poesia epica di Amereida, nuovamente ci accompagna: 

Que también para nosotros el destino despierte mansamente (p.4)

[Che anche per noi la nostra destinazione ci risvegli dolcemente] [rif.26]

Y este lenguaje de lo múltiple debe hablar en América (p.124)

[E questo linguaggio della molteplicità deve parlare in America] [rif.27]

dar cabida a la tierra en su múltiple urgencia (p.163)

[dar capienza alla terra nella sua molteplice urgenza] [rif.28]

América vista a partir de la tierra (p.174)

[America vista a partire della terra] [rif.29]

4.7 Santiago del Cile-Valparaíso, verso una «regione felicemente abitabile»[23]

Santiago del Cile, una metropoli che si avvia a trasformarsi in una megalopoli, a poca distanza dal bacino dell’Oceano Pacifico dove si trova il porto di Valparaíso, davanti alla profonda faglia di Nazca.

Valparaíso come un enorme teatro greco di fronte all’enorme Oceano Pacifico, non di certo pacifico, ma con grandi onde d’acqua che cercano d’inverno di devastarla. Santiago ai piedi di una enorme Cordigliera delle Ande; d’inverno nevicata, come una grande onda giapponese di Hokusai, d’estate come una grande roccia grigiastra; ma durante tutto l’anno presente (anche se non sempre si vede per la contaminazione dell’aria) ma “luogo” della città[24]. Dunque, Cordigliera e Oceano, due grandi schermi dove la luce del sole si rispecchia e si riflette trasmettendola alle città.

4.8 Esistono faglie, vulcani, terremoti

La Cordigliera contiene delle pericolose faglie nei suoi pendii verso la città, alcune oggi pericolosamente abitate per la mancanza di consapevolezza.

Un terremoto nasce nascosto e si manifesta in superficie[25].

La città di Santiago, che è in constante crescita, si unirà al litorale, si prolungherà verso di esso. Si può pensare, già da oggi, come una città- regione con un territorio in grado di poter convivere con i terremoti.

Qui si vuol pensare a un progetto utopico.

Immaginare un territorio organizzato come città-regione, verso un obiettivo, un nuovo modo di vivere in una megalopoli non abituale, ma una che porti ad un “vivere felice”. È necessario pertanto conoscere i sogni collettivi in di una società che punta ad avere un’“inscrizione democratica”, per poter costruire, con la partecipazione e insieme agli specialisti che curano le città, architetti, urbanisti, geografi (molto importanti per questa idea di progetto), ingegneri, scienziati, politici, come pure di filosofi, e di poeti, che vedono quello che i non poeti, non possono vedere, e i geologi (anche loro importantissimi in questa visione),dato che possono vedere scientificamente quello che succede sotto la terra, e non si vede.

E così con questo paragrafo si vuole fare una proposta di un territorio, di una speciale città-regione nel centro del paese. [rif.23] [rif.24]

Immaginare che questa proposta utopica, in una fascia centrale del paese, dalla Cordigliera all’Oceano, si possa pensare come un territorio abitabile che si avvia verso una «città-regione felicemente abitabile...», perciò una “fascia di bellezza” dell’abitare dell’occhio e del piede, con sguardi acuti radenti da vicino a lontano, in armonia tra loro [rif.5], liberando Santiago da un eccesso di potere governativo e liberandola anche da una concezione metropolitana unica.

Bisogna perciò espanderla verso il mare, non in modo naturale, ma architettonica, urbanistica e scientificamente pensata. [rif.22]

4.9 L’architettura

Abitare in “palazzi”, di un’architettura sperimentale, realizzati con materiali economici, [rif.20] immmersi nel verde dei parchi prendendosi cura del rapporto con la natura proteggendola come patrimonio. Costruzioni in legno o in adobe (mattoni di terra cruda) [rif.21], senza le scalinate di accesso, simbolo di potere, ma tutto a un piano facilmente accessibile, manifestazione di uno spazio unico e democratico; edifici che rappresentano un’architettura di un paese in via di sviluppo con la sua molteplicità di etnie [rif.27]. Alcune costruzioni in mezzo a boschi, altre in mezzo a luoghi semi desertici, questi luoghi possono avere quella varietà di nature come il paese stesso possiede. E con l’esistente una riunione in armonia del vecchio e con il nuovo.

Nuove distanze per abitare, distanze che prendono forma da un nuovo modo di vita (post pandemia), preparandosi per nuove pandemie e per futuri terremoti e possibili eruzioni vulcaniche.

4.10 Società

Quartieri socialmente misti per una consapevolezza delle diversità degli ingressi economici (come penso lo sia stato negli antichi centri storici italiani dove i palazzi di una nobiltà, condividevano il quartiere, accanto a case e negozi di artigiani) e delle diversità del pensare [rif.27] e una nuova educazione che elimini le enormi disuguaglianze sociali[26].

4.11 La grande geografia

- La Cordigliera: raggiungere questa enorme onda sopra la città con i suoi centri sciistici, dalla città stessa. Poter salire sulla Cordigliera delle Ande, non solo per sciare, ma per inoltrarsi in essa, per entrare nella prima parte di questo “mare interno” [rif.18] sudamericano, trasformato in un enorme parco, roccioso, del quale avere cura. Gallerie per collegamenti oltre la Cordigliera delle Ande per unire l’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico.

- L’Oceano Pacifico, che inviti a navigarlo, con imbarcazioni che permettano di prolungare verso il mare questo percorso tra Cordigliera delle Ande e l’Oceano, andare oltre i limiti di questa nuova «città-regione Felicemente Abitabile». I primi passi per inoltrarsi nel «non Pacifico Oceano». La destinazione poetica di questa fascia di bellezza è l’Oceano Pacifico.

Territorio di città-regione che va dal “Mare Oceano” al “Mare Interiore” del continente.

4.12 Pluralità culturale indigena

Città-regione, che ospita una pluralità culturale [rif.27] e un rispetto e protezione verso gli animali e la natura.

Immaginare che l’impronta del passato sia presente, come oggi la pensano i popoli originali, i mapuche[27]. Per i nativi, il presente si vive, ma il passato è sempre presente come in uno specchio retrovisore, che guardando avanti, si vede indietro.

Il futuro è da prevedere.

Per loro, ciò che viene svolto quotidianamente come badare agli animali, coltivare la terra, non è lavoro..., è vita[28].

Bisogna riscattare dai popoli originali il rispetto per la natura, come un patrimonio del quale si deve avere cura.

Questo paragrafo vuol proporre un territorio abitativo che dal passato guarda il presente e si proietta verso il futuro (una unione di mondo indigeno con il mondo occidentale). [rif.25]

4.13 Natura protagonista

Una natura protagonista dell’abitare (oggi alcuni sociologi ed antropologi mettono in dubbio la separazione tra natura e società e considerano i non umani, piante ed animali, attori in pieno diritto). Alcuni filosofi contemporanei, promulgano una nuova percezione del mondo[29], e che bisogna celebrare una nuova relazione con gli altri esseri che vivono con noi. I popoli originari hanno da insegnarci su questo tema, loro sono portatori di un “altro sapere”; chissà se attraverso loro potremmo identificare le cause della catastrofe ecologica oggi in corso[30].

Questo paragrafo vuol proporre un territorio di una città che vive con gli altri esseri che conformano la natura e con i quali potremmo convivere[31].

Pensare un territorio per l’abitare cittadino e amministrativo della città, della regione e del paese, in rapporto stretto con la natura, consapevole che un terremoto potrebbe avvenire.

Parchi dove passeggiare, aree sportive e strade inondate dal verde che potrebbero iniziare a costruirsi adesso, per i Giochi Panamericani del 2023.

Territorio di “Città-Regione” che costruisce un “suolo aperto”, aperto ai cittadini, alla natura, agli animali (i medici veterinari penseranno a questo proposito).

Un grande suolo unico (dal democratico “in comune” dell’assemblea, pieno della luce del profilo [rif.19], la luce per un nuovo abitare, continuando con l’osservazione luminosa iniziata nel progetto della Cappella Pajaritos, ma conformato da diverse parti, diverse parti che conformano un unico «segno democratico con una inscrizione» da stabilire (come l’assemblea delle chiese del sud).

Questo scritto dunque presenta un territorio di città-regione, che a partire da interventi architettonici, possano raggiungere lo status di una «Città-Regione Felicemente Abitata», un “suolo aperto” che ricuperi l’allegria di appartenere ad una nuova forma di città. [rif.28]

Pensare una nuova proposta di governabilità, dato che bisognerebbe riformulare lo Stato, verso forme di amministrazione in cui la democrazia possa manifestarsi in una forma più diretta, senza i rappresentanti, che di solito non rappresentano il pensiero civico dei cittadini; rappresentanza oggi in crisi, perciò avviarsi verso una democrazia più reale, meno formale, diretta e non rappresentativa, in cui la modalità del plebiscito sia frequente, altrimenti non potremmo uscire da questa crisi della civiltà.

Questo è l’insegnamento che possiamo avere post pandemia, con la crisi delle istituzioni che porta a una non governabilità e la costruzione di una distanza tra le persone che impedisce i raggruppamenti che favoriscono le tragedie nei terremoti.

Poter pensare dei grandi elementi architettonici che permettano riunioni di piccoli e grandi gruppi all’aperto, prendendo l’esperienza raccolta nelle chiese del sud, di un segno di riunione democratica in cui nessuno sia al dì sopra degli altri, tutti allo stesso livello per poter pensare insieme il paese, sotto nuove forme di governo e la sua inscrizione (per esempio quelle formulate dalla “Demarchia”, una forma di democrazia oggi da alcuni proposta, in cui i cittadini partecipanti sono estratti a sorte), logicamente come un modo che include le nuove tecnologie della comunicazione online, complementare all’idea dello stare in presenza che qui si propone, in forma di assemblee come quella proposta dall’autore di questo scritto per il claustro pleno 1997 (Congresso di tutta l’Università della UCV a Valparaíso, nell’anno), ed APEC 2004 (Congresso di tutti i paesi situati intorno al Pacifico) che si trasformano in allestimenti che danno forma in lontananza nel pensare la destinazione di questa nuova “città regione”, tra Santiago e Valparaíso, indirizzando l’abitare dalla Cordigliera delle Ande all’Oceano Pacifico. [rif.26]

Luoghi per discutere il presente ed il destino del Cile in questo Cono sud dell’America, in un intreccio di discipline, un laboratorio del futuro della democrazia, in Cile. È questo il momento favorevole, si sta iniziando lo studio di una nuova Costituzione e tutti questi aspetti potranno essere considerati.

Potrebbe offrire spazio agli altri paesi sudamericani, per pensare un’unità tra loro, un possibile Parlamento Latinoamericano.

Pensare non solo la governabilità ma alle tragedie che la terra porta, terremoti, tsunami, inondazioni, effetti del cambio climatico e poter, infine, arrivare a pensare agli stati uniti del Sudamerica, e non come adesso, stati disuniti del Sudamerica.

4.14 disegno “Suolo aperto”

Al tempo della costruzione delle nuove chiese del sud del Cile sono avvenuti enormi cambiamenti, l’assemblea dei fedeli, espressione di un nuovo senso democratico e la città di Valparaíso che non si riprese mai più, sono avvenimenti, positivo il primo e negativo il secondo, che costruiscono questo nostro mondo.

Adesso ci vuole ed è necessario un grande cambio, possiamo dire, un grande terremoto virtuale che scuota le basi della società, le basi della nostra vita e ci faccia riflettere su cosa significa abitare questa terra e non continuare a vivere su di essa come se nulla fosse importante da cambiare, dobbiamo avviarci verso un nuovo tipo di società e di un nuovo tipo di città. [rif.16] [rif.17]

Per questa idea di città, si sono sviluppate qui alcune idee per un nuovo tipo di società e un invito ad altre discipline a pensarci, gli artisti (che vedremmo a continuazione) a loro modo già lo hanno fatto, abbiamo bisogno anche della parola dei poeti, dei filosofi, dei geologi, dei geografi, degli scienziati e di tutti quelli che potrebbero dare un orientamento a questo nuovo tempo, sul suolo di una città-regione che vuol tendere ad un abitare felice.

La costruzione di un suolo che permetta che questa America possa essere vista a partire dalla profondità dalla terra, e non solo dalle “inscrizioni in superficie” (la pianta estesa di questa nuova città-regione, ma anche sotto terra, cercando l’origine dei terremoti, e attraverso i morti..., che molto hanno da insegnarci. [rif.29]

5. Segno

Abbiamo visto due interventi architettonici dopo i terremoti e una proposta architettonica in preparazione a che questo avvenga, ma possiamo riflettere come il mondo dell’arte “vede” il terremoto, forse questo mondo ha più capacità che il mondo dell’architettura per pensare un “segno” significante, una “segnale” per riflettere.

Il “Segno” per trasformare la catastrofe del sisma in forza creativa[32].

Vediamo a continuazione i “Segni” nell’arte contemporanea:

5.1 Il segno di Athenea

Athenea scultura (autore Claudio Girola) nell’incontro di due corsi d’acqua, forze della natura che si incontrano a Santiago del Cile[33].

Scrive il poeta G.Iommi: «Per tanto questa città deve impegnarsi perché le sue catastrofi siano assunte in modo tale che l’avversità si trasformi in risorsa»[34].

Cercando il “segno” [rif.10] che segnala Amereida, leggiamo nelle note la parola poetica scritta sul posto[35].

Scultura da rincorrere sotto i pergolati, un abitare col piede in sguardi vicini verso la scultura con l’occhio in sguardi lontani verso il fiume e le colline, sguardi radenti come quelli che si costruirono a Huinay, cala di pescatori nel sud del Cile, (1970) uno tsunami portò via il cimitero e loro continuano a vivere lì, con i morti sommersi.[36]

Il “segno” Huinay è un omaggio ai morti dell’alluvione.

5.2 Il “Segno” [rif.12] di TerraeMotus

Nell’arte contemporanea, la rassegna TerraeMotus[37] a Caserta, Napoli, sorge dopo la catastrofe dell’Irpinia.

Lucio Amelio, gestore napoletano d’arte contemporaneo, chiamò a raccolta i grandi artisti dell’epoca, per trasformare la catastrofe del sisma in forza creativa[38].

Un “Segno” del terremoto a Caserta; le opere d’arte con lo sguardo vicino, e il palazzo della Reggia, con lo sguardo distante, in una unione spaziale di sguardi radenti tra il vecchio ed il nuovo.

5.3 Il “Segno” [rif.13] del Cretto di Gibellina

Dal terremoto della Valle del Belice in Sicilia; nasce il grande Cretto di Gibellina di Alberto Burri. Opera Land Art 1984-89[39].

Trasformare la catastrofe, in opera d’arte, mediante una grande forza creativa.

“Segno” che indica un paese devastato dal terremoto; “Segno” costruito nel posto stesso del terremoto, nei suoi vicoli, abitarlo col piede e con l’occhio, in sguardi vicini e lontani conformando delle traiettorie di sguardi che convivono in armonia.[rif.5] «Il silenzio col bianco, lo voleva Burri, non nero, assolutamente bianco è la luce, la luce del gretto, luce dove e accaduto il buio, luce che scaturisce dalle macerie, dalla presenza della morte, eleva la ferita alla dignità della bellezza»[40].

Epilogo:

Abbiamo visto le ricostruzioni delle chiese del sud del Cile¸ dopo il terremoto del 1960; abbiamo visto il caso dei progetti per Valparaíso dopo il terremoto del 1906; abbiamo visto un’idea di progetto utopico per una città-regione dell’abitare felice, che studia questa terra per prevedere i terremoti, nel parallelo 33 del Cile. Tre sguardi verso uno spazio luminoso attraverso traiettorie che vorrebbero collegare in armonia il piede all’occhio per accoglier la parola poetica che dice che questa non armonia fa di questa America una terra abissale [rif.5].

Le tre parole chiave dell’inizio di questo testo ricevono, ognuna di loro, una manifestazione nell’arte contemporanea, manifestazioni che ci permettono di riflettere da un altro punto di vista su ciò che è stato esposto; una nel Cile, le altre due in Italia.

Segno: Athenea

Luce: Cretto

Sguardi: Terrae Motus

* I significati delle parole chiave, si intrecciano tra di loro...

* Per il rapporto tra la poesia di Amereida e il testo scritto, si trovano a fianco dei versi delle note poste tra parentesi quadra [rif.xx] che fanno riferimento al testo.

* Un’altra parola molto usata è “inscrizione” che proviene anch’essa dalla parola poetica di Amereida, in una lettura particolare di essa. [rif.14]

Note

[1] In questo scritto si intende per America l’intero continente: America del nord e America del sud o l’America Latina.

[2]Amereida: tutta l’America latina fu occupata dagli spagnoli nei suoi bordi per meglio difendere gli insediamenti. Cfr. Aa.Vv., Amereida. Ediciones e[ad] PUCV, 2011.

[3] La visione poetica della costellazione della “Croce del Sud” segnala l’Oceano Pacifico come l’avventura. Cfr. Aa.Vv., Amereida. Ediciones e[ad] PUCV, 2011.

[4] Aa.Vv. (1967) – Amereida. Volumen primero. Editorial Cooperativa Lambda, Santiago de Chile.

[5] O’Gorman E. (1992) - La invención de América. Ed. Fondo de Cultura Económica, México; Errazuriz Zañartu J. (2000) - Cuenca del Pacífico. 4000 años de contactos culturales. Ed.U.C.de Chile; Góngora M. (1975) - Studies in the history of Spanish America. Cambridge University Press; Cruz A., Iommi G., et al. (1971) -Para un punto de vista latinoamericano del Océano Pacífico. Es.Arq. UCV Revista de Estudios del Pacífico [www.ead.pucv/escuela/amereida]; Iommi G. (1984) - El Pacífico es un mar erótico (Conversación en la Ciudad Abierta a propósito del Pacífico) 1984 pubblicata sul sito della Scuola [www.ead.pucv/escuela/amereida].

[6] “Leyes de Indias” sono state promulgate dalla monarchia spagnola per regolare la vita sociale, politica ed economica dei territori coloniali nell’America del sud. Ed Cultura Hispánica 1973.

[7] Garcia B. M. (2006) - “El discurso poético mapuche”. Revista Chilena de Literatura, 68. Ed universidad de la Frontera.

[8] America è stato un regalo al mondo, l’Europa cercava le Indie e trovò questa terra non accorgendosi che fosse un nuovo continente, Colombo non seppe mai di essere arrivato ad una terra sconosciuta, pensava di essere giunto nelle Indie.

[9]Non abbiamo radici come gli europei; qui in America lo sviluppo storico dalle origini, e stato interrotto con l’arrivo europeo.

[10] Maturana H., Varela R. (1984) - “Ontologia del lenguaje”. In: El árbol del conocimiento. Ed. Universitaria, Santiago del Chile.

[11] Brighenti T. (2018) – “La Scuola di Valparaíso: l’osservazione, l’atto e la forma. L’insegnamento dell’architettura come pratica costruttiva”. In: Id. Pedagogie architettoniche. Scuole, didattica, progetto. Accademia University Press, Torino, pp. 25-75.

[12] Frase tratta da appunti personali di Alberto Cruz del 1961 in cui parla della chiesa gesuitica di Puerto Montt.

[13] Mistral G. (1936) - Geografía Humana de Chile. Discurso en la Unión Panamericana Washington 4/1936, [Bibliotecanacionaldigital.gob.cl]; Neruda P. (1960) – “Terremoto en Chile”. In: Id., La Barcarola. Ed. Losada, Buenos Aires; Parra V. (1961) - Toda Violeta Parra. Antologia presentada por Alfonso Alcalde. Vol. VIII del Folklore de Chile.

[14] José Vial affermava che «...l’opera portò grandi problemi con le autorità locali dei gesuiti, che non accettarono la nuova forma della chiesa, dicendo che le trasformazioni non le appartenevano e non sarebbero tornati a utilizzare la chiesa, dicendo che mai si concilierà il vecchio col nuovo; ai fedeli nemmeno piaceva, alcuni perché la chiesa trasformata non era uguale all’antica, altri perché avrebbero preferito una chiesa nuova, che sarebbe costata anche meno, e sarebbe stata migliore... solo alcuni (non si è saputo quanti...), la faranno propria». Frase tratta da appunti personali di Josè Vial del 1961.

[15] Rispetto alla regolarità ereditata dal castrum romano, “la città ideale” del Rinascimento, portata in America dalla Spagna, non trovò riscontro a Valparaíso, città di porto che si sviluppò disordinatamente.

[16] Pablo Manuel Millán-Millán (2015) - Los Planes de reconstrucción de Valparaíso (Chile), tras el terremoto de 1906: la búsqueda de la modernidad en el trazado urbano”. In: Biblio3W, Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales, Vol XX n.1.129.

[17] Munford L. (1966) - La ciudad en la historia, sus orígenes, transformaciones y perspectivas. Infinito, Buenos Aires.

[18] Waisberg M. (1999) - “El multifacético patrimonio d Valparaíso”. In: Monumentos y Sitios de Chile. ICOMOS-CHILE, Ed. Altazor, Santiago de Chile, p. 153.

[19] Hernandez M. M. (2005) – “Un texto de Immanuel Kant sobre las causas de los terremotos (1756)”. Evsal Revistas Vol. 6, nov. 23, Ed. Universidad de Salamanca 2005.

[20] Rocío Peñalta Catalán R. (2009) – “Voltaire: una reflexión filosófico-literaria sobre el terremoto de Lisboa de 1755”. Revista de Filosofía Románica, vol. 26 pp. 187-204.

[21] “Mare interiore”, il vasto interiore dell’America Latina descritto in Amereida (poema epico vari autori). Cfr. Aa.Vv., Amereida. Ediciones e[ad] PUCV, 2011.

[22] Valery P. (2000) - Eupalinos o el arquitecto / El alma y la danza (La balsa de la Medusa). Ed. A. Machado Libros, Madrid.

[23] Cfr. Barla B. (2020) – “Verso una megalopoli felicemente abitabile. Quattordici ritratti e scenari poetico-architettonici di una città globale, Santiago del Cile”. Singola. Storie di scenari e orizzonti, [https://www.singola.net/pensiero/santiago-verso-una-megalopoli-abitabile-bruno-barla].

[24] Norberg-Schulz C. (1991) - Genius Loci: Towards a Phenomenology of Architecture. Rizzoli, New York.

[25] Lo scrittore italiano Erri De Luca parla del terremoto come “un naufragio in terra” riferendosi alle scosse che hanno colpito il Centro Italia nel 2016.

[26] Barla B. (2020) - “Quando il virus se ne andrà, una relazione utopica tra Virus, Vizi e Virtù. Verso la costruzione di un mondo migliore”. In: Sestito M., Scenari post pandemia. Arte. Architettura. Utopia. Timia, Roma. 

[27] Cfr. Castro Martínez A. (2021) - “El mapuche en la ciudad”. Le Monde Diplomatique [Chile], 226, p. 8.

[28] Cfr. García Barrera M. (2006) – “El discurso poético mapuche y su vinculación con los ‘temas de resistencia cultural’”. Revista Chilena de Literatura, 68, pp. 169-197.

[29] Cavieres C. A. (2020) - “¿Cómo avanzar hacia la protección de la naturaleza”?. Le Monde Diplomatique [Chile], 223, p. 14.

 [30] Poupeau F. (novembre 2020) - “El ambientalismo de los ricos”. Le Monde Diplomatique [Chile], 223, p.15.

[31] In alcuni paesi come la Nuova Zelanda, la costituzione riconosce il diritto di alcuni fiumi, dandogli uno status legale senza precedenti equiparandoli a una persona. Cfr. Carrasco Hidalgo C. (2020) - “La luz al final del camino para una recuperación verde”. Le Monde Diplomatique [Chile], 223, p.11.

[32] Cfr. Claro A. (2014) - Tiempos sin fin. Ediciones Bastante.

[33] ATHENEA: Monumento posto all’incrocio di due fiumi (Maipo-Mapocho) a Santiago del Cile realizzato da A. Cruz, M. Eyquem, G. Iommi, C. Girola, V. Boskovic, Marzo 1990 ARQ 14 Marzo 1990.

[34] «Il nome di questo monumento è Athenea: perché “segna” quello che essa significava per la città greca e continua significando fino ad oggi per qualsiasi città. Athenea aveva il suo luogo nell’Acropoli; così succedeva in Atene e da lì indicava alla città che l’avversità deve trasmutarsi in necessaria convivenza, segnalando che quanto appare come avverso, deve essere assunto come tale per trasmutarlo in favorevole, in fonte di pace. La Cordigliera fa scendere da essa le catastrofi, ma allo stesso tempo dona a Santiago una luce che la bagna col suo splendore, splendore che proviene dalle alte cime illuminate e che fa di essa quella luce nominata nel poema. Per tanto questa città deve impegnarsi perché le sue catastrofi siano assunte in modo tale che l’avversità si trasformi in risorsa come quella nominata luce» (Iommi G.1990).

[35]ATHENEA

  1. cual promisorio
  2. o detrás
  3. cercada luz

-el secreto no registra-

  1. Aún otra
  2. intima
  3. se dice a si

conmoviendo la apariencia

  1. Tal antaño

por nieves negras

  1. al hilo

ciñe

ciegas

libertades

recurrentes

  1. Esta tierra guarda

El silencio inviolable de su eco

  1. y vedada

Se enamora de sus gentes

  1. Lampara

Que todo olvido vuelve

* Notas al poema “ATHENEA”

  1. Aún la catástrofe encierra una esperanza: lo promisorio
  2. La Cordillera, el fondo o el detrás de la ciudad construye, cercando como un vaso abierto la luz magnifica de la ciudad
  3. Pero a primera vista la razón, la causa de ese efecto-el secreto-no se registra
  4. la tierra se hace a si misma otra
  5. cuando tiembla
  6. ella se dice si misma al temblar conmoviendo la apariencia
  7. desde siempre las nieves cordilleranas
  8. se deslizan en hilos (Mapocho, Maipo) y encauza ciñe las aguas libertadas violentas, recurrentes,

Por esos lechos bajan a su vez las ondas telúricas.

  1. Pero este lugar cuida el silencio del eco que se produce entre su estremecimiento y su permanente presencia segura,
  2. Como si al temblar indicara que nadie puede poseerla (pues ella es sólo eco de sí misma) y así de algún modo vedada toma distancia para enamorarse de sus gentes.
  3. Cordillera, ríos, conjunción de ambos en el San Carlos que une el Maipo al Mapocho, son la lámpara que recuerda la destinación de la ciudad.

Por eso que todo olvido, querer olvidar, gracias a ese peculiar modo de ser lugar, el destino vuelve

[36] Bruno Barla et.al., “Traversia a Huinay”. Traversia fatta con gli studenti di architettura della Scuola di Valparaíso in cui si costruì un’opera di apertura architettonica in omaggio ai morti oggi sommersi.

[37] Terrae Motus: dal terremoto dell’Irpinia nacque una collezione d’arte contemporanea dei più noti artisti mondiali degli anni ’80. Si veda Il Salotto dell’Arte, 2016 [https://www.ondawebtv.it/].

[38] Parteciparono gli artisti: Beuys, Warhol, Mapplethorpe, Pistoletto, Jannis, Kounellis, Paladino, Haring, Rauschenberg, Paolini, Cucchi, Fabro, Condo.

[39] Arendt H. (2005) - La condicion humana. Editorial Paidós, Buenos Aires.

[40] Massimo Recalcati e Aurelio Amendola Massimo: Alberto Burri. Il Grande Cretto di Gibellina, Galleria Nazionale dell’Umbria Perugia, 2 novembre 2018.

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