Dai “soft media” al concept. L'eredità di Le Corbusier e dei suoi collaboratori nei progetti e insegnamenti di Jerzy Sołtan

Szymon Mateusz Ruszczewski




«Il momento iniziale della creazione del progetto giace nella nostra anima e nella nostra mente come un pensiero fluido, un elemento che non può essere schedato all’inizio con delle linee nette e rigide» – sono parole sull’approccio di Jerzy Sołtan espresse da uno dei suoi studenti del laboratorio di progettazione alla Harvard Graduate School of Design (Guarracino 2020). Quest’idea sottolinea la rilevanza dei “soft media” – come carboncino, matite morbide e argilla – nell’ambito dell’utilità degli schizzi all’inizio del progetto. La loro importanza si ritrova sia negli insegnamenti di Sołtan che nei suoi lavori, influenzati dal suo mentore Le Corbusier per il quale lavorò negli anni 1945-1949. Jerzy Sołtan (1913-2005) è stato un architetto moderno polacco che oltre ai lavori progettuali in Polonia e negli Stati Uniti, insegnò architettura prima all’Accademia di Belle Arti di Varsavia e poi alla Harvard Graduate School of Design. Il suo caso illustra come il modus operandi di Le Corbusier abbia influenzato i suoi collaboratori e come successivamente sia stato trasmesso anche alle nuove generazioni di architetti.

Questo articolo è basato su un’estesa ricerca archivistica dei progetti, disegni, testi e documenti relativi alla didattica e ai lavori di Sołtan, oltre ad una serie di interviste con i suoi studenti e colleghi fra Polonia e Stati Uniti, approfondendo la riflessione sul ruolo di alcune tecniche del disegno nel processo creativo in architettura. Dopo aver esaminato l’approccio al disegno nel processo di progettazione di Le Corbusier, l’articolo si concentra sul ruolo delle esplorazioni visive iniziali nel lavoro di Sołtan. Successivamente viene illustrata la rilevanza dei “soft media” analizzando la loro applicazione nell’insegnamento di Sołtan ad Harvard e l’impatto essi hanno avuto sui suoi studenti.

Arte, schizzi e Le Corbusier

Grazie a Sołtan e al suo testo ‘Working with Le Corbusier’ (1987), scritto negli anni Ottanta e in seguito pubblicato varie volte, si capisce chiaramente la routine e l’organizzazione del lavoro progettuale da parte di Le Corbusier. Sołtan ritrae l’immagine di un uomo per il quale l’architettura e la pittura sono strettamente connesse, ma anche l’immagine di Le Corbusier che voleva utilizzare specifici strumenti mentre lavorava sulla prima idea progettuale. Secondo Sołtan, durante la mattina, Le Corbusier era spesso assente dallo studio in quanto lavorava nel suo appartamento sulle creazioni artistiche. Questi dipinti, disegni e schizzi, chiamati da Sołtan «callistenia di belle arti», erano aspetti vitali per lo sviluppo dei progetti di Le Corbusier (1995, p. 10). Secondo Sołtan, «è stato per lui un periodo di concentrazione durante il quale la sua immaginazione, nutrita dall’attività di pittura, poteva sondare più profondamente il suo subconscio. È stato probabilmente in questi momenti che Le Corbusier ha prodotto le sue più significative e poetiche metafore e associazioni» (1995, p. 11). Sołtan vedeva gli schizzi e l’esplorazione visiva come un elemento vitale, non solo per i progetti di Le Corbusier, ma anche per le sue teorie e idee. L’importanza degli schizzi e dei dipinti si colloca esattamente nella possibilità di esplorare quello che deve ancora essere scoperto. Ciò significa lavorare con delle idee grezze che solo dopo possono diventare più chiare. Questo proposito diventa evidente in un ricordo di Le Corbusier che mentre schizzava accanto a Sołtan commentò, a proposito dell’uso delle matite portamine e degli strumenti per disegni più tecnici, dicendo «il ne faut pas immortaliser des âneries» – non bisogna immortalare le assurdità (1995, pp. 21-22).

Con “assurdità” intendeva i tentativi, le prove e le incertezze dei primi step del progetto, quando i disegni dovrebbero ancora lasciare spazio per l’interpretazione e non dovrebbero limitare gli sviluppi futuri. «Immortalare le assurdità» significherebbe allora voler disegnare troppo presto con delle linee precise che non permettono di alterare il progetto. Infatti, gli schizzi di Le Corbusier sono chiamati da Sołtan «lo scavare nel subconscio, l’indovinare, piuttosto che una proposta compiuta» (1995, p. 18). È ugualmente importante sottolineare che Le Corbusier volesse applicare lo stesso metodo nell’atelier – ciò può essere intuito dal modo univoco con cui parlava dell’uso dei specifici strumenti da disegno. A differenza di vari progettisti più funzionalisti, più vicini all’uso del disegno tecnico, Le Corbusier voleva infatti seguire questo “pensiero pittorico” anche nell’atelier (1995, p. 20). Sołtan e gli altri collaboratori non dovevano allora solo decifrare i suoi disegni, ma dovevano anche continuare a lavorare con lo stesso spirito. Il lavoro e la ricerca indipendente di Sołtan sono una dimostrazione di come questo approccio possa essere condiviso anche con gli altri.

Da Le Corbusier al lavoro di Sołtan

A partire dal periodo di detenzione nel campo dei prigionieri di guerra a Murnau, durante la Seconda Guerra Mondiale, Sołtan aveva sempre avuto contatti stretti con altri artisti. Nel campo, grazie ad un alto numero di intellettuali e di artisti tra i prigionieri, si è avvicinato a diversi pittori polacchi con i quali ha poi collaborato negli anni Cinquanta (Bulanda 1996). Durante lo stesso periodo, ha iniziato a dipingere di più, probabilmente come terapia per contrastare le condizioni della prigionia (Sołtan 2019). L’importanza dell’arte e della ricerca visiva di Le Corbusier era allora in linea con le esperienze e gli interessi precedenti di Sołtan, e perciò tra i due risultò non solo una stretta relazione professionale, ma anche intellettuale. Durante il soggiorno a Parigi, Sołtan ebbe maggiori contatti con altri artisti e lui stesso si avvicinò all’arte: prendeva lezioni di pittura da Fernand Léger ed entrò nel circolo degli artisti attorno a Le Corbusier (Sołtan 1995, p. 51). Gli scritti degli anni Cinquanta dello stesso Sołtan indicano che anche allora era alla ricerca di nuovi metodi e forme nell’arte, studiando l’opera di vari pittori. Un vasto archivio delle sue opere artistiche al Museo dell’Accademia di Belle Arti di Varsavia dimostra infatti una ricerca costante nell’ambito delle arti visive, in parallelo al suo lavoro professionale di architetto.

Inoltre, Sołtan disegnava spesso schizzi con carboncino, simili a quelli prodotti da Le Corbusier. Se ne possono ammirare molti in una ricerca sulla progettazione di chiese (fig. 2) che lo coinvolse per tutta la sua vita fino agli anni Novanta. Simili disegni fatti con carboncino furono prodotti anche per rappresentare altri edifici, soprattutto per le fasi concettuali di diversi progetti in Polonia e negli Stati Uniti, come il centro sportivo ‘Warszawianka’ a Varsavia e il Liceo di Salem in Massachusetts. Ad esempio, nei disegni per Salem, ha utilizzato il carboncino per sottolineare ombre, materiali e per accentuare alcuni aspetti del progetto (come i mattoni) senza stabilire un disegno preciso (fig. 3). Come Sołtan racconta nella sua descrizione del lavoro nell’atelier di Le Corbusier, la mancata precisione di questi disegni permetteva di lavorare al progetto per gradi, interpretando i segni grafici lasciati dal carboncino su carta in più modi rispetto al sottile e preciso tratto delle linee fatte con la matita. Rispetto a quest’approccio, uno dei collaboratori di Sołtan in America, Edward Lyons, manager allo studio dove Sołtan era il principale progettista, ricorda, «voleva sempre schizzare su carta da spolvero con del carboncino; non avrebbe mai toccato una matita o un pennarello. Voleva sempre il giallo: non potevi dargli un pezzo di carta bianca» (2019). Queste parole si rifanno direttamente al modo di lavorare che Sołtan ereditò da Le Corbusier – sia il carboncino che la fine carta gialla o quella da macellaio erano infatti spesso usati nell’atelier di Parigi. L’utilizzo di questi strumenti da parte di Sołtan si limitava però solo alla fase concettuale iniziale, mentre nelle fasi successive del processo progettuale venivano utilizzate più tecniche di disegno (fig. 4).

insegnando Le Corbusier e i “soft media”

L’influenza che Le Corbusier aveva avuto su Sołtan non era però limitata al campo della progettazione: lo stesso approccio e l’importanza della ricerca visiva si ritrovano nel suo insegnamento. Tanti dei suoi studenti lo ricordano per i suoi corsi di progettazione e alcuni tra loro collegano lo sviluppo di un interesse nel campo della produzione artistica alla diretta influenza di Sołtan (Holtz 2019). Infatti, egli era molto interessato alla produzione artistica dei suoi studenti – come dimostrato dalla lettera al suo ex-studente di Harvard, Michael Graves, dove scriveva, «in persona, voglio congratularti caldamente in particolare per i tuoi dipinti» (1974). La corrispondenza con il suo ex-studente e artista Jacek Damięcki a proposito dei lavori di quest’ultimo dimostra a pari modo l’importanza della ricerca visiva per lo sviluppo della mente dell’architetto (2019). Questo testimonia l’esistenza di un filo conduttore basato sul metodo artistico che, partendo da Le Corbusier, passa attraverso Sołtan e attraverso la sua attività didattica, arriva ai suoi studenti.

In generale, questi scambi dimostrano bene quanto la visione dell’architettura di Sołtan fosse legata al disegno e quanto il progetto stesso dipendesse dalla pittura e dalla ricerca grafica. Nei suoi corsi di progettazione ad Harvard, specifici disegni prendevano un ruolo importante nei progetti degli studenti. Infatti, in funzione delle necessità del singolo studente o del singolo progetto, alcuni ricordano di lavorare specificatamente sulle piante, mentre altri sulle sezioni (Davis 2021, Lombard 2020, Wattenberg 2020). Quello che contava di più era però l’importanza dell’espressione artistica. Attraverso una ricerca visiva era infatti più facile definire il parti (piccolo disegno che negli anni Settanta era il riferimento tipico nel processo progettuale ad Harvard) e definire l’idea principale che veniva dalla sovrapposizione di diversi aspetti dello stesso problema. Inoltre, nei suoi corsi teorici ad Harvard, Sołtan illustrava agli studenti la routine di Le Corbusier e sottolineava l’importanza della pittura per l’architettura lecorbusiana, rafforzando così gli spunti per studenti con più capacità artistiche. «Voglio che capiscano per davvero, che siano capaci (se vogliono loro) di applicare [i metodi progettuali di Le Corbusier]», ha sottolineato in una nota di un suo seminario di teoria.

Oltre ad illustrare l’importanza della ricerca visiva nel processo progettuale, Sołtan suggeriva agli studenti di usare simili tecniche di disegno durante il progetto. L’utilizzo dei “soft media” – matite morbide, carboncino e argilla – era un’ovvia conseguenza dell’influenza di Le Corbusier su Sołtan e di conseguenza sui suoi studenti. Questi strumenti grafici erano intesi a rendere più facile l’esplorazione delle idee lasciando la possibilità all’immaginazione di completare un disegno meno definito. Le parole «non essere così dolorosamente preciso», come disse ad uno dei suoi studenti, illustrano bene questo approccio (Holtz 2019). Secondo Sołtan, solo successivamente, dopo aver lavorato con queste tecniche più malleabili, possono essere approcciate le questioni più pratiche, quelle relative alla funzionalità, tecnologia e metodo costruttivo, ricorrendo a disegni più dettagliati. Il suo ex-studente e architetto Karl Fender (2020) ricorda le parole del primo giorno del laboratorio di progettazione:

Voglio che tutti […] compriate argilla, voglio che compriate carboncino e voglio che compriate carta da macellaio […]. Esploreremo idee attraverso di loro perché vi sporcherete le mani, avrete dei disegni sporchi e dei pezzi di argilla per esplorare le vostre idee – e grazie a loro, vi concentrerete sull’essenza… affronterete l’essenza nella ricerca della vera architettura. Con questi strumenti, non vi innamorerete delle vostre produzioni. Avrete dei modelli che semplicemente con onestà potranno verificare le vostre opinioni e le vostre trovate.

Sporcandosi le mani e disegnando queste linee non definite, doveva rimanere più spazio per l’esplorazione dell’essenza, dei fondamenti dell’architettura. In alcuni temi di progetto, Sołtan suggeriva agli studenti di consegnare disegni a mano libera e alcuni ricordano che la loro tendenza di disegnare in una maniera meno precisa, usando carboncino o matite molto morbide (fig. 5), era legata alla sua diretta influenza (Holtz 2019). Come si legge dai suoi racconti di Parigi: un disegno impreciso durante le prime fasi progettuali era uno strumento per trovare delle idee e per capire la poetica nel progetto. Così, gli studenti non erano concentrati sull’esecuzione di un bel disegno di qualcosa che però non era abbastanza studiato. Si creava così un legame diretto tra il lavoro progettuale, il concept (il parti) e il pensiero critico – tutti ricordati da studenti come un elemento costante nelle revisioni e nelle discussioni sui progetti con Sołtan (Wesley 2006). Un altro ex-studente e architetto, Christopher Benninger, spiega questo legame aggiungendo (2021), «la sua tecnica era quella di porre agli studenti una domanda che necessitava di un’analisi per avere risposta e spesso semplicemente una risposta non era possibile. Il silenzio era la conclusione». Assieme ai disegni, il costante interrogarsi sulle ragioni del progetto era un altro strumento che aiutava gli studenti a riflettere sul merito delle loro decisioni progettuali e a spingere avanti le loro idee.

eredità: tra Sołtan e Le Corbusier

L’insegnamento di Sołtan era molto spesso apprezzato dai suoi studenti. «Ho vinto alla lotteria», ha commentato David Parsons sul fatto di avere Sołtan come relatore di tesi (2016, p. 54). Tra le testimonianze dirette dei suoi studenti, tanti ricordano la passione, l’aiuto e l’intensità nell’insegnamento e solo pochi lo ricordano come meno compassionevole. Nel 2002, ventitré anni dopo aver lasciato la cattedra ad Harvard per andare in pensione, Sołtan ha ricevuto il Topaz Medallion, il più alto riconoscimento che un insegnante di architettura possa ricevere da parte dell’American Institute of Architects e dell’Association Collegiate of Architecture Schools. Anche se erano passati tanti anni da quando insegnava ad Harvard, il sostegno fu impressionante, con delle lettere di supporto da Charles Gwathmey e Michael Graves, da Kenneth Frampton e dai professori di architettura di Harvard, MIT e Berkeley. Tutti loro hanno successivamente sottolineato il contributo di Sołtan nell’educazione architettonica e nell’insegnamento del moderno: «Jerzy Sołtan ha portato ad Harvard e nelle altre scuole e forum, la sensazione che Le Corbusier, il suo mentore e amico, fosse ancora vivo per un’altra generazione» (Chermayeff 1989). Non sarebbe stato possibile mantenere Le Corbusier in vita senza l’importanza di arti visive, senza il carboncino e senza sporcarsi le mani. Per quanto riguarda la domanda sulla continua validità di questo suo approccio, si può ancora una volta fare riferimento agli ex-studenti di Sołtan che ammettono di usare l’esperienza del suo insegnamento mentre progettano e insegnano a loro volta.

Bibliografia

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SOŁTAN Jerzy (1974) – Lettera a Michael Graves del 06/12/1974. Collezione Jerzy Sołtan, Museo dell’Accademia di Belle Arti, Varsavia.

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SOŁTAN Jerzy (1995) – Bozza del libro On Architecture and Le Corbusier del novembre 1995. Collezione Jerzy Sołtan, Museo dell’Accademia di Belle Arti, Varsavia.

SOŁTAN Joanna (2019) – Intervista con Szymon Ruszczewski del 28/03/2019.

WATTENBERG A. (2020) – Intervista con Szymon Ruszczewski del 24/04/2020, vedi RUSZCZEWSKI S. (2022) – Finding Sołtan: legacies and heritages of modernist architecture. Tesi del dottorato, School of Architecture, University of Sheffield.

WESLEY R. (2006) – Lezione “All Men Are Born Fools: a Tribute to Jerzy Sołtan, 1913-2005” del 03/03/2006. Archivio privato di Richard Wesley.