La poetica progettuale di Francesco Fichera, tra rappresentazione tradizionale e comunicazione digitale

Graziana D'Agostino




L’identità di un luogo può essere compresa, vissuta e raccontata attraverso l’architettura, le soluzioni planimetriche e la spazialità degli edifici che conferiscono carattere alla città. Ciò avviene, anche, grazie alla percezione visiva di chi vive quei luoghi e quella analitica di chi ne fa oggetto di studio, ricercando i rapporti tra pieni e vuoti, le geometrie sottese ai singoli progetti ed il riconoscimento degli stili architettonici. Il contributo esplora ed illustra l’importante relazione tra il disegno di progetto custodito negli archivi e gli strumenti digitali oggi in uso a supporto della sua rappresentazione, conoscenza, fruizione e comunicazione in ambito culturale. Lo studio si inquadra all’interno di un progetto di ricerca che mira a conoscere e valorizzare le architetture dei primi anni del ‘900 che arricchiscono la città di Catania, donandole un’identità stilistico-formale di alto valore culturale.

Gli archivi di architettura risultano oggi essere una fonte unica e significativa utile a comprendere e a tramandare il pensiero progettuale del periodo storico e dell’architetto, oltre a sottolineare l’importanza del valore figurativo del disegno di progetto di architettura (Palestini 2016, 2017, 2019).

L’integrazione tra l’insostituibile approccio tradizionale all’espressione progettuale e quello digitale volto alla sua comunicazione viene indagata attraverso l’approfondimento di uno dei progetti del fondo dell’architetto catanese Francesco Fichera[1] (1881-1950), che progettò nel 1926 l’Istituto Tecnico Commerciale “G. De Felice”. Lo studio rientra all’interno delle attività di ricerca, didattica e divulgazione condotte presso il Museo della Rappresentazione[2] (MuRa) di Catania (Galizia et al., 2019). Il museo espone e conserva i progetti originali dell’architetto che ha contribuito a disegnare e formare l’identità architettonico-ur­banistica del territorio. È proprio la natura di tale documentazione a sollecitare la necessità di studiare ed analizzare la poetica progettuale del periodo e del luogo, oltre il bisogno di dotarsi di nuovi linguaggi e strumenti digitali per raccogliere e raccontare il prezioso patrimonio documentale, mettendo in relazione architettura esistente e pensiero progettuale.

L’approccio metodologico adottato si articola, principalmente, in due fasi:

– indagine storico-archivistica: comprensione ed analisi dei disegni di progetto, al fine di evidenziare l’importanza del disegno tradizionale nelle fasi ideative e definitive del progetto;

– rappresentazione e comunicazione digitale: arricchimento grafico della documentazione e narrazione del patrimonio, attraverso esplorazioni virtuali, immersive ed interattive.

Grazie alla possibilità di confronto tra la documentazio­ne d’archivio (foto d’epoca, eidotipi, elaborati tecnici) e lo stato attuale dell’architettura realizzata emerge l’esigenza di comunicare e rendere comprensibile l’idea progettuale, attraverso un’esperienza di simulazione virtuale basata sull’uso di immagini panoramiche a 360°. Si propone, quindi, un'esperienza immersiva di fruizione e di conoscenza di uno degli edifici pubblici più emblematici e caratteristici progettati dall’architetto catanese.

Catania nei primi anni del XX secolo: l’assetto urbano e la figura di Francesco Fichera

L’ambiente urbano di Catania è il risultato del legame con i due elementi naturali che caratterizzano e arricchiscono il territorio di fondali scenici, ad est il mare e a nord il vulcano Etna, che nel 1669 invase con una colata lavica la parte ad ovest della città. Nel 1833 Sebastiano Ittar rappresenta l’ampliamento verso nord della città, attraverso l’asse nord-sud della attuale via Etnea, evidenziando l’espansione del centro storico fuori dalle mura. Verso la fine del XIX secolo, l’assetto urbano muta e la via Etnea viene attraversata da due assi di espansione, ortogonali ad essa, situati a nord delle antiche mura, la via Umberto e l’Asse dei Viali. Nel 1888 il nuovo piano regolatore della città[3], mira a creare una città moderna in aderenza alla città settecentesca, da cui traeva ispirazione. Proprio sul nuovo Asse dei Viali, nei primi anni del ‘900, iniziano a fiorire i primi edifici pubblici a carattere sociale, tra cui l’Istituto “De Felice”. Situato come fondale scenico della trapezoidale piazza Roma, viene inserito all’interno di un contesto caratterizzato da grandi spazi verdi e da architetture neoclassiche e moderne (Fig.1). Il progetto viene affidato all’architetto Francesco Fichera, grande protagonista della cultura architettonica siciliana della prima metà del Novecento, che realizzò numerose opere in ambito residenziale e pubblico. La sua poetica progettuale è caratterizzata dal continuo rapporto tra funzionalità ed estetica, spaziando dal Razionalismo all’Eclettismo, al Liberty ed al Déco. Soprattutto nelle architetture di carattere pubblico da lui progettate[4], egli riesce a coniugare presente e passato e mediare l’esigenza di un ruolo rappresentativo e simbolico con la nuova cultura del periodo. Ciò avviene attraverso il contemporaneo ricorso a stilemi classici e alla ricerca di soluzioni progettuali significative che conferiscono plasticità e spazialità tridimensionale agli edifici, nel rispetto della continuità linguistica tra tradizione e modernità (Galizia 2002; Guarrera 2017).

Il fondo Fichera e i disegni d’archivio di progetto dell’Istituto “G. De Felice” (1926): rilettura analitica e genesi progettuale

Il MuRa espone, archivia e conserva il fondo dell’Archivio progetti Francesco Fichera, donato al DAU[5] dagli eredi nel 1976. La mole di lavoro dell’architetto nel territorio siciliano è stata molto ampia e il patrimonio dei documenti originali contenuti nell’archivio è composto da circa 1600 disegni realizzati con tecniche diverse o in copia eliografica. Tra questi disegni è possibile ammirare schizzi preliminari al progetto, bozze di diverse fasi ideative ed elaborati grafici definitivi. Queste sono tutte rappresentazioni, ortogonali o prospettiche, che spaziano dalla scala di dettaglio all’inserimento nel contesto urbano, evidenziando l’importante ruolo del disegno in fase ideativa. Come mostrato nelle figure 2 e 3 il Fichera, attraverso il ricorso ai codici di rappresentazione grafica tradizionale, sottolinea l’importanza del disegno sia in fase ideativa che di resa finale del progetto, arricchendo le rappresentazioni con dettagli grafici ed appunti che rendono la sua opera maggiormente comprensibile. L’uso integrato di differenti scale di rappresentazione, delle proiezioni prospettiche e delle ombre, permette al progettista una migliore comunicazione dell’articolazione tridimensionale che sta alla base della sua opera. La prevalenza dell’elaborato tecnico basato sulle regole delle proiezioni mongiane, di indiscussa importanza ancora oggi, viene integrata con rappresentazioni tridimensionali 2D che, oltre l’aspetto geometrico, restituiscono anche informazioni sull’uso dei materiali previsti per il progetto. Ciò ha permesso all’architetto, di ampliare il linguaggio grafico codificato utilizzato nella comunicazione del progetto, in un periodo in cui il segno grafico non è ancora influenzato dalle nuove forme di rappresentazione digitale.

Le scelte architettoniche adottate nell’Istituto riassumono bene il modus operandi dell’architetto ed il periodo storico in cui operava. Qui, più che in altri progetti, il Fichera si ritrova a far uso dell’estro progettuale che lo contraddistingue soprattutto nelle soluzioni d’angolo, trovandosi a progettare l’edificio all’interno di un lotto triangolare non regolare. «L’irregolarità non è d’altra parte così sentita che possa vantaggiosamente sfruttarsi per trarne un motivo pittoresco» (Fichera 1928) e per tale ragione, egli decide di mascherare tale dissimmetria realizzando un retroprospetto absidato. Tale accorgimento viene abilmente utilizzato per nascondere lo sfalsamento tra l’asse di simmetria a dell’edificio e la mediana m del triangolo irregolare del lotto, come si evince dall’analisi delle geometrie sottese effettuata sul disegno di progetto della pianta del piano terra (Fig.4).

Nonostante ciò, l’architetto non rinuncia a definire il progetto attraverso rapporti proporzionali e dona ulteriore plasticità e movimento al prospetto nord, realizzando un gioco di volumetrie definite dalla sovrapposizione di piani/superficie di diverso spessore che scardinano la massa muraria. Il Fichera, inoltre, smussa le due ali laterali dell’impianto planimetrico con due tagli ortogonali alle bisettrici del triangolo, conferendo continuità percettiva alla lettura dell’involucro murario. Con chiaro riferimento alla cultura viennese di Otto Wagner, l’architetto riesce a relazionarsi armonicamente col lotto triangolare ed organizza il sistema di aule su due piani, lungo un corridoio che si affaccia sul cortile trapezoidale, concentrico al perimetro dell’edificio. L’abside del prospetto posteriore, il sistema distributivo anulare e gli ambienti poligonali posti ai due angoli del prospetto principale sono, di fatto, un evidente riferimento alla planimetria del Postparkasse del progettista austriaco. Questi accorgimenti, insieme alla bicromica dell’apparato decorativo in pietra lavica su sfondo bianco dei prospetti ed alle superfici sovrapposte che li compongono, esaltano i valori percettivi della voluta rottura della compattezza volumetrica, come riesce bene ad evidenziare nella vista prospettica in figura 5 (Guarrera 2020; Messina 2020).

Nel tentativo di ricostruire la genesi compositiva dell’edificio in pianta ed in alzato attraverso gli elaborati tradizionali, non si può non sottolineare anche l’evidente riferimento al Palazzo di Giustizia di Messina di Marcello Piacentini. Le aperture tripartite dei prospetti ricordano, sicuramente, le composizioni degli architetti della secessione viennese e l’uso di semicolonne e semiparaste doriche richiama, invece, la tradizione neoclassica ita­liana. Fichera affida il ruolo rappresentativo al prospetto principale, dotandolo dello stesso numero di colonne e schema tripartito delle aperture del prospetto del Palazzo di Giustizia, ma, a differenza di questo, interrompe il ritmo dell’ordine gigante che prosegue nei due prospetti laterali, conferendo alle soluzioni d’angolo una geometria più semplice ed arretrandole leggermente rispetto ai piani dei prospetti (Rocca 1988).

L’analisi grafica, effettuata a posteriori sui disegni tradizionali di progetto del Fichera, evidenzia ancora una volta l’importanza del ruolo del disegno nella fase ideativa e di controllo del progetto (Vernizzi 2018). La ricerca della genesi geometrica mette in luce la volontà di un’armonia progettuale tra le parti, ottenuta attraverso l’utilizzo di tracciati regolatori sottesi alla forma compositiva (Figg. 6-7). Il posizionamento degli elementi strutturali e decorativi è definito da una griglia modulare che marca il rapporto tra pieno e vuoto. Il modulo regolatore è dato dalla larghezza delle colonne doriche e del telaio sovrapposto all’opera muraria (a), che definiscono la parte piena e conferiscono ritmo alla composizione architettonica. Le aperture tripartite d’ingresso sono definite dallo stesso modulo (2a x 3a), così come l’altezza dell’edificio (8a) ed il proporzionamento delle altre aperture e degli elementi che compongono l’impaginato di facciata (Fig. 6). Si trova riscontro della stessa modularità nella definizione compositiva dell’impianto planimetrico. Come si evince dalla figura 7, la profondità del corridoio, del vano scala, del cortile, i diametri dell’abside del prospetto nord (8a) e della circonferenza di chiusura del lotto (20a), si impostano tutti sulla medesima genesi modulare, analogamente alle aperture dei prospetti laterali e del cortile interno.

Il vantaggio di analizzare i progetti originali d’archivio, le pubblicazioni su riviste di architettura dell’epoca, insieme alle rappresentazioni digitali ottenute dal rilievo dell’opera realizzata come si presenta allo stato attuale, rappresenta, oggi, un’opportunità di arricchimento grafico per una migliore comprensione del percorso ideativo dell’architetto e dell’importanza degli strumenti grafici utilizzati.

Nuove forme di comunicazione digitale: il ruolo del disegno, del rilievo e della modellazione 3D per la comprensione e la fruizione del progetto di architettura.

L’acquisizione dei disegni dei primi anni del ‘900 e delle foto d’epoca che testimoniano la realizzazione del progetto in quegli anni, insieme allo studio della poetica espressiva del progettista, stimolano un’ampia riflessione sul ruolo che oggi ha il disegno digitale nella documentazione di architetture storiche di pregio. La conoscenza e divulgazione attraverso le diverse forme di rappresentazione di un progetto d’archivio ha interessato, negli ultimi anni, anche il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), nell’ambito della digitalizzazione e conservazione del patrimonio archivistico e della divulgazione ed accessibilità ad un maggior numero di utenti (Galizia et al., 2020; Guccione 2009b; Santagati et al. 2020).

Con l’obiettivo di documentare la poetica compositiva del Fichera e rendere chiaro e accessibile in maniera interattiva l’importante mole delle rappresentazioni grafiche di progetto dell’Istituto scolastico, è stata attuata una campagna di acquisizione fotografica avente un duplice ruolo:

– rilievo fotogrammetrico multimmagine, a supporto della comprensione della spazialità tridimensionale dell’edificio e delle possibili varianti tra progetto e stato di fatto;

– acquisizione di foto panoramiche a 360°, rivolta alla realizzazione di un tour virtuale arricchito di elementi multimediali per visualizzare, in maniera interattiva, i disegni d’archivio e le foto d’epoca, fruendo virtualmente l’opera architettonica anche a distanza.

La figura 8 mostra il ridisegno digitale del prospetto principale dell’Istituto, visualizzato attraverso l’ortofoto ottenuta da rilievo fotogrammetrico e la rappresentazione CAD 2D dell’alzato. Dal confronto con l’elaborato di progetto in figura 6 è evidente la perdita della bicromia di facciata pensata e realizzata dall’architetto, pur rimanendo invariata l’armonia progettuale architettonica. La relazione tra le due rappresentazioni risulta di fondamentale importanza nella fase di conoscenza dell’edificio storico, nell’ottica anche di prevedere interventi di restauro e restituire alla città l’architettura così come era stata pensata dal suo progettista.

Trattandosi di uno degli edifici più importanti progettati dal Fichera, i quali disegni sono esposti presso il MuRa di Catania, si è deciso di seguire un percorso di valorizzazione e divulgazione che possa entrare a far parte dei contenuti digitali dell’allestimento museale. Il virtual tour è stato pensato e progettato con lo scopo di visitare le zone più significative dell’edificio - il rapporto col contesto, il cortile, l’atrio d’ingresso, la scala monumentale, l’aula magna, la biblioteca - e far interagire il fruitore con gli elementi multimediali che raccontano l’opera esistente (Fig.9). L’interazione con l’architettura avviene dagli stessi punti di ripresa fotografica delle fotografie d’epoca e dei disegni di progetto elaborati dal Fichera, in un continuo confronto tra opera realizzata e documenti d’archivio. Questo pone il visitatore e lo studioso al centro del percorso compiuto tra il progetto di architettura e la sua realizzazione, cogliendo le varianti tra opera allo stato attuale, opera realizzata e disegno di progetto. Tra gli elementi multimediali visibili durante la fruizione trovano luogo modelli fotogrammetrici, ortofoto, disegni di progetto d’archivio e ricostruzioni 3D (Fig. 10) (Vernizzi 2017). La realizzazione del modello 3D renderizzato della facciata del cortile ha permesso, ad esempio, la lettura e la comprensione delle scelte progettuali del Fichera, della sua attenzione per le leggi percettive applicate attraverso l’utilizzo della bicromia oggi nascosta da interventi di restauro inappropriati.

Il ricorso a rappresentazioni digitali e strumenti di supporto innovativi permette di raccogliere i dati acquisiti e le informazioni elaborate, essenziali per la valorizzazione e comunicazione del patrimonio esistente, all’interno di un unico ambiente virtuale. In quest’ottica, il rilievo e la rappresentazione 2D e 3D digitale diventano strumenti interpretativi e comunicativi del patrimonio architettonico, all’interno di un percorso di comprensione della spazialità architettonica e educazione all’importanza dei documenti d’archivio. I disegni di progetto, attraverso l’uso delle tecniche VR, vengono proiettati al di fuori della mera esposizione museale, connettendosi alle architetture che compongono la città. Le tecnologie di rappresentazione digitale forniscono, oggi, un prezioso contributo nella comunicazione della poetica del Fichera e nel rendere fruibili, in maniera innovativa ed alternativa le preziose collezioni dei disegni di progetto, attraverso un percorso che inizia dal disegno tradizionale che connota i documenti originali e si evolve verso rappresentazioni digitali, che superano la planarità del foglio da disegno.

Note

[1] Nato a Catania nel 1881, si laurea alla Regia Scuola di Applicazione di Roma nel 1905 e, nel 1909, consegue il Diploma in Architettura all’Accademia delle Belle Arti di Palermo. Dal 1913 è titolare della cattedra di "Disegno d’ornato e di Architettura elementare", presso la prima unità della Facoltà di Ingegneria di Catania.

[2] Il Museo della Rappresentazione è una struttura appartenente dal 2015 al Sistema Museale dell’Ateneo di Catania e di pertinenza del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania. Responsabile scientifico del MuRa è la prof.ssa arch. Mariateresa Galizia. La ricerca rientra nei finanziamenti del Piano PIA.CE.RI. - Progetto intradipartimentale MUARCH UNICT 2020-22 linea 2. L’autore ringrazia il Museo della Rappresentazione per aver permesso la consultazione e la pubblicazione dei disegni e delle immagini del Fondo Francesco Fichera.

[3] “Piano Regolatore per il Risanamento e l’Ampliamento della città di Catania”, redatto da Bernardo Gentile Cusa.

[4] Tra le opere pubbliche progettate a Catania: la Palazzina della Società Elettrica (1913), il Palazzo delle Poste (1919), l’Istituto Tecnico Industriale “Archimede” (1917), il Palazzo di Giustizia (1936).

[5] Dipartimento di Architettura e Urbanistica. Attualmente Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania.

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