Il restauro e la riconfigurazione architettonica del Cimitero delle 366 Fosse e del Sepolcreto dei Colerici a Napoli

Paolo Giordano




Il Cimitero delle 366 Fosse e il Sepolcreto dei Colerici rappresentano ciascuno l’alter ego architettonico dell’altro: il primo, infatti, è un camposanto settecentesco caratterizzato da una corte interna, di forma quadrata e lastricata in pietra lavica, all’interno della quale non esiste un nome, una data, un volto raffigurato bensì solo numeri, da 1 a 366, che relazionano altrettante fosse comuni ai singoli giorni dell’anno, compresi quelli bisestili; il secondo, viceversa, è un parco funebre ottocentesco, di forma irregolare e punteggiato da alberi di alto fusto, nel cui recinto sono disseminate diverse tipologie sepolcrali arricchite da nomi, date, epigrafi e, a volte, raffigurazioni di volti e decorazioni simboliche scolpite in bassorilievo o in altorilievo. Il Cimitero delle 366 Fosse è un’architettura razionalista il cui ciclico e perpetuo meccanismo di sepoltura comune rimanda ad un’idea di omologazione funebre basata su di un rigoroso anonimato incapace di rammemorare storie di vita vissuta: il cimitero di Ferdinando Fuga, quindi, è una potente metafora simbolica, per il tramite dell’architettura, della caducità umana; di una umanità ordinaria alla quale non si vuole ancora riconoscere il valore e la dignità del proprio vissuto terreno. Il Sepolcreto dei Colerici di Leonardo Laghezza, di contro, è un parco romantico che, attraverso la presenza di alberi secolari e singole tombe monumentali, propone una doppia metafora simbolica, intreccio di vita e di morte: da una parte il fitto impianto vegetazionale che, attraverso il suo periodico appassire e rifiorire stagionale, rappresenta la ciclicità della vita; dall’altra parte, la presenza di sepolcri individuali che, tramite le diverse iscrizioni commemorative dedicate ai defunti, assicura l’immortalità dell’uomo, quantomeno al livello del ricordo e della memoria. In tal senso i due cimiteri, collocati sulla collina di Poggioreale e tra loro confinanti, ben esprimono la diversità di atteggiamento nutrita nei confronti della morte e della sepoltura nella società monarchica, prerivoluzionaria, settecentesca e in quella ottocentesca, post-rivoluzionaria, di stampo borghese.

Nonostante le chiare matrici culturali d’adozione, le due strutture cimiteriali, allo stato attuale, non riescono a rappresentare compiutamente le loro originarie peculiarità architettoniche sia a causa del diffuso degrado ambientale che le avvolge e sia per le consistenti trasformazioni apportate su di esse soprattutto negli ultimi decenni. Nello specifico, il Cimitero delle 366 Fosse ha subito nel corso dei secoli diverse trasformazioni che, seppur azzardate, non ne hanno stravolto l’impianto originario: tra queste, oltre all’ampliamento ipogeo al di sotto del corpo principale di fabbrica realizzato nel 1871, la collocazione, all’interno dei vani finestra della parete separante lo spazio interno del suddetto corpo di fabbrica dalla corte quadrata, di sepolcri monumentali simili a quelli presenti nel confinante Sepolcreto dei Colerici. La realizzazione, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, di tali monumenti funebri rappresenta, dal punto di vista architettonico, una contaminazione di carattere e stile romantico all’interno di una struttura razionale che, per la loro alta qualità decorativa e tipologica, non è da ritenersi invasiva per l’equilibrio compositivo del cimitero di Ferdinando Fuga. Sono, viceversa, da ritenersi di tutt’altra portata quegli interventi strutturali e funzionali realizzati al di sotto del sagrato di accesso al cimitero ed all’interno della sua corte quadrata negli anni Sessanta del secolo scorso e riguardanti, nello specifico, la rimozione del pendio rurale con la relativa realizzazione di un muro di contenimento in cemento armato occultante un nuovo ipogeo cimiteriale e la sistematica utilizzazione delle nicchie decorative collocate nei prospetti interni – occidentale, settentrionale e orientale – del recinto funebre per la realizzazione di nuovi loculi: interventi invasivi, questi ultimi, che hanno compromesso fortemente la chiarezza compositiva espressa dal progetto originario di Ferdinando Fuga. Oltre a questo, sempre all’interno della corte funebre, una folta vegetazione, spontanea e non, comprometteva con le sue radici la delicata statica dell’intradosso e dell’estradosso dell’impianto ipogeo a 360 fosse. Una vegetazione ibrida che, recentemente è stata completamente eliminata al fine di restituire alla corte del Cimitero delle 366 Fosse l’originario aspetto di piazza quadrata pavimentata in pietra vulcanica che la diversifica fortemente dal retrostante recinto funebre, alberato ed irregolare, del Sepolcreto dei Colerici. Un recinto cimiteriale abbandonato, quest’ultimo, custode di memorie funebri tragiche che hanno segnato, dal 1836 al 1913, la storia sociale della città partenopea. L’inspiegabile abbandono del Sepolcreto dei Colerici ha prodotto, così, un duplice danno: innanzitutto all’impianto vegetazionale originario, non curato e sopraffatto dalla vegetazione spontanea, nonché alle diverse tipologie funebri attaccate dagli agenti atmosferici ed oltraggiate da ripetuti saccheggi e atti vandalici che hanno messo a repentaglio la tenuta testimoniale di un importante ambito architettonico e paesaggistico. Danni recenti, questi ultimi, aggiungentesi a passate trasformazioni che hanno compromesso il disegno originario dei tracciati pedonali e dei campi di sepoltura progettati da Leonardo Laghezza, nel 1837, all’interno del primo recinto funebre del Sepolcreto dei Colerici. In tal modo, quella che potrebbe rappresentare la testata occidentale monumentale della collina Cimiteriale di Poggioreale – la porta d’ingresso ai cimiteri di S.Maria del Pianto, al futuro campo d’inumazione del Fondo Zevola, al Monumentale, al Pietà nonché al Nuovissimo – rischia di avvicinarsi a quel fatidico punto di non ritorno oltre il quale si comprometterebbero definitivamente due testimonianze funebri tra le più importanti della storia cimiteriale europea. In tal senso risulta evidente che l’area racchiusa tra Corso Malta, la Via Nuova Poggioreale e la soprastante via Don Bosco rappresenta un insieme orografico-architettonico di grande valore paesaggistico. Un importante parco cimiteriale storico in cui è possibile leggere la genesi e lo sviluppo sette-ottocentesco della cultura cimiteriale partenopea che, in virtù di tale caratteristica architettonico-ambientale, merita un consistente intervento di riconfigurazione capace
di rivalutare, contemporaneamente, sia il cimitero di Ferdinando Fuga e sia il Sepolcreto dei Colerici. Un intervento che, anche se per strade diverse, si è finalmente messo in atto. Nello specifico l’intervento di recupero per il Cimitero delle 366 Fosse dovrebbe, innanzitutto, dopo l’eliminazione della vegetazione interna alla corte, restaurare il progetto di suolo originario della stessa ovvero quello composto dalle 366 pietre tombali e della pavimentazione di base ordita secondo una giacitura trasversale a queste ultime; inoltre restaurare il corpo principale del Cimitero destinandolo a museo e centro documentazione della collina cimiteriale di Poggioreale; infine, liberare dai loculi, realizzati recentemente, le nicchie decorative dei prospetti interni del muro perimetrale della corte interna. Operazione, quest’ultima, che se, da un lato, è di fondamentale importanza per restituire al cimitero di Ferdinando Fuga la sua cornice architettonica originaria, dall’altro lato necessita di un grande senso di rispetto e cautela per gli evidenti problemi connessi alla traslazione delle salme ivi riposte. Viceversa per quel che concerne il Sepolcreto dei Colerici l’intervento di recupero riguarda il restauro della piccola chiesa progettata da Leonardo Laghezza ed ubicata in prossimità dell’ingresso del cimitero ottocentesco; la riconfigurazione dei tracciati e dei campi di sepoltura nel primo settore, quello risalente al 1837, e nel terzo settore, quello risalente all’ampliamento del 1884, nonché una serie di piccoli interventi di modificazione del disegno di suolo attraverso l’introduzione, in specifici punti, di nuova pavimentazione, di nuove scale, cordonate e piccole rampe in grado di superare i diversi dislivelli rintracciabili all’interno del parco funebre. Il restauro della maggior parte dei sepolcri disseminati nel recinto funebre dei Colerici, attualmente giacenti in sito ed in pessime condizioni di conservazione, completerebbe il quadro degli interventi necessari alla rivalorizzazione dei luoghi.

Le operazioni di restauro così elencate, separatamente per il Cimitero delle 366 Fosse e per il Sepolcreto dei Colerici, pur soddisfacendo le specifiche esigenze di recupero dei due monumenti funebri, non coglierebbero le reali potenzialità di una più ampia riconfigurazione generale capace, non solo, di risolvere i punti di criticità sopradescritti ma, anche e soprattutto, in grado di proporre un innovativo scenario architettonico-paesaggistico per la collina di Poggioreale.

Tali considerazioni sono riferite a quanto si evince dall’analisi del disegno di rilevamento del Sepolcreto dei Colerici eseguito dagli Uffici tecnici del Comune di Napoli nel suo assetto del 1837 e da un brano della descrizione dello stesso fatta dal Chiarini nel suo NOTIZIE DEL BELLO DELL’ANTICO E DEL CURIOSO DELLA CITTÀ DI NAPOLI. Divise dall’autore in dieci giornate per guida e comodo de’ viaggiatori con aggiunzioni de’ più notabili miglioramenti posteriori fino al presente estratti dalla storia de’ monumenti e dalle memorie di eruditi scrittori napoletani per cura del Cavaliere Giovanni Battista Chiarini in cui si racconta che, in conseguenza dell’epidemia del 1836, a causa dell’altissimo numero di vittime di colera furono sospese le inumazioni nel Camposanto Vecchio, ovvero il Cimitero di Ferdinando Fuga, per l’avvenuto riempimento delle fosse e che le successive inumazioni di circa diciottomila salme furono effettuate in uno spiazzo retrostante a quest’ultimo. Ebbene dal rilievo del 1837 si nota che il tracciato trasversale principale del Sepolcreto dei Colerici, quello giacente secondo l’asse nord-sud, presentava (presenta tuttora), pur nell’avvenuta modificazione dei tracciati originari, un segmento aggiuntivo che si spingeva (si spinge tuttora) sino al muro perimetrale del Cimitero delle 366 Fosse in corrispondenza del frontone triangolare che corona la retrostante nicchia decorativa centrale del prospetto interno alla corte quadrata. Quest’ultima, tra l’altro, allo stato attuale, è l’unica nicchia che, priva di loculi, presenta nel suo fondo un muro in mattoni di cotto laterizio rosso che si diversifica dal resto della struttura muraria del recinto funebre, realizzata interamente con pietre di tufo giallo, testimoniando, quindi, un intervento di manomissione sul setto murario in questione. Da queste due circostanze deriva la supposizione che, per un breve periodo ovvero tra il 1836 ed il 1837, il Cimitero delle 366 Fosse ed il Sepolcreto dei Colerici, nonostante la diversa quota d’impostazione dei due diversi piani di campagna, siano stati collegati tra loro attraverso un varco ricavato nella nicchia centrale del prospetto settentrionale del recinto funebre progettato da Ferdinando Fuga. Precedente funzionale e presupposto conoscitivo fondamentali al fine d’ipotizzare una complessiva riconfigurazione capace di connettere, nuovamente e direttamente tra loro, i due cimiteri soddisfacendo al contempo tutte le esigenze che derivano dalla necessità di un meticoloso ed improcrastinabile restauro dei due recinti funebri. In tal senso, se, come rilevato nel passato, tra i due cimiteri si è già verificata una interrelazione non solo di tipo funzionale, ma anche di carattere architettonico – come la contaminazione “romantica” del Cimitero delle 366 Fosse avvenuta attraverso la realizzazione di sepolcri individuali – è possibile ipotizzare, allo stato attuale, un restauro e riconfigurazione basato su una nuova connessione relazionale e su di una nuova contaminazione, questa volta di impostazione “razionale”, del Sepolcreto dei Colerici. Una contaminazione che propone, quindi, nel recinto romantico del Sepolcreto dei Colerici la realizzazione di nuovi sepolcri – per la tumulazione e l’inumazione – caratterizzati da una definizione tipologica, morfologica e decorativa fortemente rigorosa, chiara ed essenziale.

In tale prospettiva, la ragione capace di supportare un progetto siffatto trae la propria legittimazione perlomeno da tre motivazioni fortemente connesse tra di loro: innanzitutto l’esigenza di un restauro comune per i due cimiteri; inoltre l’esigenza d’individuare nuovi loculi nelle immediate vicinanze del Cimitero delle 366 Fosse al fine di liberarne il recinto perimetrale interno dalle salme ivi collocate, erroneamente, negli ultimi decenni; infine, la necessità di individuare una o più aree all’interno del Sepolcreto dei Colerici per un limitato numero di nuove tumulazioni ed inumazioni capaci di innescare un nuovo processo di ordinaria manutenzione per una struttura cimiteriale altrimenti destinata all’oblio, all’abbandono e quindi ad un irrecuperabile degrado. La proposta di un disegno di modificazione consapevole di tali esigenze, oltre che delle pregresse vicende e realtà configurazionali che hanno segnato la storia funebre del Cimitero delle 366 Fosse e del Sepolcreto dei Colerici, rappresenta una risposta metodologica che affonda le proprie radici culturali in un ipotesi di lavoro che assume il restauro quale disciplina in grado di governare i processi conoscitivi e propositivi che sottendono alla modificazione del territorio: soprattutto di quelle porzioni di territorio su cui il tempo ha depositato i segni e le tracce architettoniche delle proprie molteplici e passate contemporaneità. Il progetto di restauro e riconfigurazione proposto per la testata monumentale occidentale del Parco cimiteriale di Poggioreale prevede, nello specifico, oltre alla connessione diretta tra il Cimitero delle 366 Fosse ed il Sepolcreto dei Colerici anche la realizzazione di tre nuove strutture funebri da realizzare all’interno del perimetro di quest’ultimo: la Corte delle 366 Tombe, la Radura delle 36 Fosse e la Collina dei 6 Sepolcri.

La Corte delle 366 Tombe rappresenta il fulcro architettonico della connessione tra il cimitero settecentesco di Ferdinando Fuga ed il parco funebre ottocentesco di Leonardo Laghezza. Si tratta di un edificio a corte semi-ipogeo, ubicato all’interno del Sepolcreto dei Colerici, collocato alla stessa quota del Cimitero delle 366 Fosse e collegato a quest’ultimo attraverso un corridore sotterraneo. Essendo il piano di calpestio del cimitero di Ferdinando Fuga posto ad una quota inferiore di quattro metri rispetto a quello del Sepolcreto dei Colerici, la nuova Corte delle 366 Tombe risulta interrata rispetto a quest’ultimo non alterandone così la continuità percettiva. Il collegamento tra la nuova corte funebre e il soprastante Sepolcreto dei Colerici è assicurato da un percorso carrabile in pendenza, a due rampe ed un tornante, sviluppatesi ad occidente della nuova struttura cimiteriale. Dal punto di vista tipologico la Corte delle 366 Tombe è costituita da un corpo di fabbrica a “C” che si dischiude verso il corridore sotterraneo che la collega alla corte del Cimitero delle 366 Fosse. Il corpo ipogeo a “C” è composto da un sistema tripartito strutturato su di un corridoio centrale largo 2,60 m disimpegnante, a destra e a sinistra, i loculi previsti per
ospitare esclusivamente le salme traslate dalle nicchie decorative del recinto perimetrale del cimitero di Ferdinando Fuga. Operazione, quest’ultima, che si potrebbe così effettuare, senza ricorrere all’uso di autocarri e senza uscire all’esterno della struttura cimiteriale settecentesca, con una traslazione a spalla, in corteo, secondo gli antichi cerimoniali della ritualità funebre. Nello specifico, trecentosessantacinque loculi sono organizzati secondo una successione di cinque unità verticali per ognuno dei 73 moduli che concretizzano, distributivamente, il ritmo architettonico dell’ipogeo. Un’organizzazione distributiva che ricalca, numericamente, quella ricavata, forzatamente, nella corte centrale del Cimitero delle 366 Fosse attorno agli anni Sessanta del secolo scorso. Tale struttura ipogea prende luce da un’asola continua ricavata nel soffitto del corridoio centrale del corpo a “C”. L’estradosso del corpo di fabbrica a “C”, la cui altezza è inferiore alla quota delle aree circostanti, è coperto da un sistema a prato che ne mimetizza la presenza rispetto alle aiuole confinanti. Il 366° loculo è invece collocato all’interno della corte a cielo aperto che si apre al di sotto del piano di campagna del parco cimiteriale dei Colerici. Corte che, essendo perimetrata dal muro rivestito in pietra dell’edificio semi-ipogeo a “C”, risulta muta e silenziosa ovvero semplicemente abitata da un’alta croce in acciaio collocata nell’angolo nord-orientale della stessa e da alcune vecchie lapidi del Sepolcreto dei Colerici quasi galleggianti su un velo d’acqua ricoprente tutta la sua superficie. Una corte, quella delle 366 Tombe, non percorribile ma semplicemente percepibile sia dal corridore di collegamento tra quest’ultima ed il cimitero settecentesco e sia dal soprastante Sepolcreto dei Colerici.

La stessa esigenza di mimesi architettonica caratterizzante la Corte delle 366 Tombe definisce anche gli altri due nuovi impianti funebri ubicati nel Sepolcreto dei Colerici: la Radura delle 36 Fosse e la Collina dei 6 Sepolcri. Strutture funebri, queste ultime, previste per consentire una nuova utilizzazione del parco cimiteriale ottocentesco nel rispetto delle sue specifiche caratteristiche d’identità che, come descritto precedentemente, non sono rintracciabili esclusivamente nella qualità architettonica dei sepolcri, ma anche e soprattutto in quella dell’impianto vegetazionale.

La Radura delle 36 Fosse è collocata nell’estremo settore angolare sud-orientale del Sepolcreto dei Colerici: un’area di circa cinquecento metri quadrati posta alla quota più bassa rinvenibile all’interno del parco funebre. Nello specifico il nuovo impianto è costituito da due siepi di bosso topiato, parallele tra loro, giacenti secondo la direttrice nord-sud ed ubicati sui due lati, orientale ed occidentale, di una radura a pianta quadrata nella quale trovano posto trentasei fosse per inumazione disposte su sei file per sei file. Solo un’alta stele in pietra ubicata nell’angolo nord-orientale della Radura delle 36 Fosse, sulla quale sono incise diverse tipologie di croci in bassorilievo, segnala, dai settori confinanti, la presenza della nuova struttura funebre.

Se la Radura delle 36 Fosse è ubicata nella depressione altimetrica più bassa del Sepolcreto dei Colerici, di contro, l’ultimo insediamento funebre proposto, ovvero la Collina dei 6 Sepolcri, è collocato al di sopra dei quattro gradoni che strutturano la parte terminale, nord-orientale, del cimitero ottocentesco. Gradoni terrazzati sui quali sono dislocati sei vecchi sepolcri risalenti al periodo compreso tra il 1884 ed il 1887. Nello specifico, il terzo insediamento funebre previsto all’interno del Sepolcreto dei Colerici è caratterizzato da quattro corpi di fabbrica in linea ubicati, ognuno di essi, su un singolo terrazzamento e presentante i prospetti posteriori verso mezzogiorno. In tal modo l’accesso ai loculi avviene dal retro di tali volumi consentendo a queste quattro strutture in linea di apparire come una sorta di muro di contenimento a quattro ricorsi completamente rivestiti in pietra lavica. In tal modo, anche in questo caso, è garantita una mimesi architettonico-ambientale rispettosa dei caratteri d’identità propri del recinto funebre dei “Colerici”.