Fig.
1 - I mezzi militari dell’Esercito Italiano intenti a
trasferire le bare al Crematorio di Bergamo.
Fig.
2 - Morti per le strade in Ecuador.
Fig.
3 - Morti per le strade in Cina.
Fig.
4 - Una fossa comune per la sepoltura in Amazzonia, Brasile.
Una rivista di architettura si deve occupare dei temi disciplinari
anche a partire dal dato reale contingente. In questo periodo,
profondamente segnato dalla Pandemia da SARS-CoV-2, è parso
giusto dopo il corposo numero doppio esito di una call che ha attratto
oltre centocinquanta studiosi in tutto il mondo N. 52-53 (2020): Coronavirus Città
Architettura. Prospettive del progetto architettonico e urbano,
pubblicato nel novembre del 2020, tornare a fare qualcosa.
All’incirca due anni fa, a pandemia iniziata, aveva colpito
tutti l’immagine dei mezzi militari dell’esercito
carichi di bare sfilare in corteo per le strade di Bergamo diretti al
forno crematorio.
Di fronte ad un altissimo numero di decessi, e
nell’impossibilità di provvedere a normali
sepolture, le bare venivano accatastate negli spazi disponibili in
attesa della cremazione indotta dai motivi igienico-sanitari.
Quella fotografia, come altre ben note di un passato molto doloroso,
oltre a testimoniare di un grave problema in atto simboleggiava
l’annullamento della ritualità della morte e
l’impossibilità di occuparci dei nostri cari.
Altre immagini avevano fatto il giro del mondo come quella dei morti ai
lati delle strade e li lasciati e bruciati per evitare contagi in
Ecuador e Cina piuttosto che le fosse comuni del Brasile.
Da rito privato famigliare si era trasformato in rito collettivo.
Da quella riflessione e dalla condivisione del tema con la redazione
nasce questo numero curato da Renato Capozzi e Claudia Pirina. A
partire dallo spunto iniziale interessa sottolineare (e ricordare) che
l’architettura è connaturata alla morte e alla
ritualità in essa connessa non meno di molti altri spazi
centrali nella vita dell’individuo.
Essendone la morte il culmine e la fine del viaggio merita particolare
attenzione. Ignazio Gardella ricordava come tutto il viaggio umano
avviene a contatto con l’architettura. Diceva: “si
nasce in una architettura, si vive nell’architettura e si
muore in un’architettura”. All’ultima
architettura del viaggio dell’uomo FAM (rinominata
confidenzialmente per l’occasione “FAM
funebre” in analogia al celebre numero monografico di
«Lotus International», 38, 1983 intitolato
“Lotus funebre”), la rivista ha voluto dare spazio
a questo tema tanto importante quanto troppo spesso dimenticato.