Recensioni

Il modello come sineddoche

Ventiquattro pensieri costruiti
Uno strumentario di indagine dello spazio tra forma e struttura



Il modello come sineddoche è un libro che parte dalla raccolta degli esiti sviluppati in quattro anni di attività didattica – svolta all’interno dei Laboratori di Progettazione Architettonica del dipartimento dICAR del Politecnico di Bari, complessivamente dai docenti Anna Bruna Menghini e Carlo Moccia, con l’affiancamento di Giuseppe Resta, Tiziano De Venuto e Giuseppe Tupputi – ma che si espande oltre l’orizzonte della singola esperienza laboratoriale. Configurandosi come un momento di necessaria sintesi, portata avanti da parte degli autori Tiziano De Venuto e Giuseppe Tupputi, costruisce l’occasione per mettere a fuoco alcuni punti in un percorso di ricerca che parte ben prima della sua formazione, e, come si avverte dalla lettura del volume, ha intenzione di procedere in successive fasi di studio e critica. Esigenza non scontata, che nasce sicuramente dalla postura degli autori, giovani architetti che si trovano inoltre impegnati nella didattica, e che quindi, come ricorda Carlo Gandolfi negli Appunti a chiusura del libro, «studia[no] l’architettura insieme ai propri studenti»[1].

Il nodo centrale della ricerca è l’indagine attorno alcuni esempi notevoli dell’architettura moderna e contemporanea, approfondita in una chiara traiettoria di interpretazione critica, che assume come parametro la relazione tra l’ideazione dello spazio e il suo ordine costruttivo, intesa in un rapporto dialogico costante, che riferisce al confronto tra architettura e «arte delle strutture»[2].

La chiarezza della decisione presa nella prospettiva di ricerca non nasconde, anzi esplora convintamente, la problematicità sottesa al nucleo tematico scelto, alla relazione in architettura tra ideali spaziali e logiche costruttive nel «processo generativo, o potremmo dire genetico, della sua forma»[3], supportandosi nel percorso intrapreso dalle sineddochi prodotte negli atelier.

Il materiale prodotto negli anni di lavoro con gli studenti si definisce infatti in maniera precisa: disegni sintetici in scala 1:200, in cui viene svolto un accurato sforzo di selezione sulla rappresentazione, seguendo una costante ricerca di corrispondenza tra segno e significato. E soprattutto un panorama di plastici, tutti in stampa 3D della stessa resina, che scelgono di rappresentare l’edificio analizzato effettuando una riduzione a una parte per il tutto, in grado di portare alla luce, nella scarnificazione dell’opera, quelle «relazioni gerarchiche interne ad ogni singolo organismo architettonico»[4] cruciali per la lettura del nodo critico individuato, e finalizzati a capire l’«unità sintattica dotata della complessità e dell’autonomia necessaria a rappresentare il concetto spaziale dell’intero edificio»[5]. La scelta dell’omogeneizzazione degli elaborati riporta, inoltre, tutto lo studio a un piano di lavoro ideale che costituisce una base su cui è possibile confrontare gli esempi tra loro, tramite le loro sineddochi.

La figura retorica sottolinea la volontà di non riprodurre le opere nella loro integrità e conclusione formale, quanto di seguire la ricerca sperimentale di espressione del «rapporto che si realizza tra organismo architettonico e organismo strutturale, tra carattere dello spazio e forme della costruzione, secondo una tensione anatomica»[6]. L’operazione di scomposizione si rivela fondamentale, se, riprendendo Martì Arìs, «ciò che caratterizza la struttura è la sua dimensione relazionale, il cui fattore essenziale non sono né gli elementi né il tutto, ma piuttosto le relazioni […] che permettono la formalizzazione del tutto»[7].

Le opere indagate presenti nel volume sono ventiquattro, tutte architetture sviluppate – non sempre realizzate – da Maestri moderni e contemporanei, in un lasso di tempo che va dal 1929 al 2015; scelte perché inserite in un processo storico di consolidamento di quella collaborazione tra discipline architettoniche e ingegneristiche fondamentale per l’esito ricercato: di forme che siano espressione di un concetto spaziale concretizzato attraverso un determinato rapporto con le tecniche costruttive. Tali da poter essere quindi racchiuse in un «pensiero costruito»[8]. E inoltre, tutte architetture che si dispiegano come variazioni sullo stesso tema funzionale, quello del grande edificio collettivo. È infatti qui che la ricerca sottesa al libro identifica la possibilità di indagare le potenzialità intrinseche della grande campata strutturale, già in sé riassuntiva del rapporto tra forma e struttura.

Il metodo adottato nella didattica degli atelier ha pertanto costruito negli anni una chiara corrispondenza fra i principi teorici su cui si intendeva indagare e la prassi dell’esercizio assegnato. Gli esempi sono ordinati in un catalogo consultabile nella parte centrale del libro, entro cui ci si orienta facilmente grazie al prezioso lavoro di design editoriale che assembla il volume, e a una pratica tavola sinottica riassuntiva. Di ogni esempio viene presentata la pianta sintetica associata al prospetto, e poi successivamente una eventuale seconda pianta, e la sezione. La scheda si conclude con un’immagine fotografica, anche questa studiata come strumento di indagine, che consente all’occhio di ribaltare il disegno bidimensionale nella plasticità scultorea dell’opera costruita, e virtualmente navigare il modello fisico. In un’economia di gesti rappresentativi, di ogni opera risulta chiara l’origine e il rapporto elementare tra forma e struttura. La sequenza delle architetture studiate e presentate non procede in ordine cronologico né tantomeno classificatorio: l’itinerario proposto dagli autori è anch’esso frutto della continua interrogazione posta dal problema di fondo della relazione tra qualità formale e costruzione, e decide di disporre gli esempi incatenandoli fra loro in una successione che si crea a ogni passo, «attraverso il riconoscimento di alcune analogie strutturali di alcuni tipi di spazio»[9].

Il catalogo è presentato come uno strumentario, identificando l’intento degli autori di non cristallizzare gli esiti raccolti, ma piuttosto di rimetterli sul piano da lavoro. La posizione al centro delle pagine del libro di tale strumentario è anche forse metaforicamente un rimando alla posizione centrale rispetto al dibattito che i due autori svolgono tra le righe. La decisione di alternarsi alla scrittura dei capitoli rispecchia infatti la costante dimensione dialogica richiamata da De Venuto e Tupputi nei testi. I capitoli che precedono il “fascicolo” del catalogo degli esempi introducono i temi e il metodo, mentre quelli che lo succedono mettono in atto la metodologia e analizzano estensivamente quattro opere estrapolate dallo strumentario. Entrano a fondo della questione, inscenando un confronto serrato tra gli esempi scelti, estraendone la capacità di «non ostentare l’arditezza e lo sforzo strutturale come valore in sé»[10], ma piuttosto il loro essere scaturigine di un processo dove «anche le logiche strutturali e le tecniche costruttive sono intese in senso compositivo»[11].

Ma per arrivare alla radice della questione nella lettura delle opere, è preponderante ed efficace il ruolo che riveste il modello in questo studio, ripristinando un uso della maquette nella didattica di architettura non legato alla pre-visione del progetto, ma, al contrario, allo studio che lo segue. Riportando gli studenti verso quella esperienza sensoriale propria della pratica della maquette, fatta da «una serie infinita di differenti sguardi particolari e visioni panoramiche dello stesso oggetto fisico, che riescono a fornire una rappresentazione della realtà non ancorata alla raffigurazione fissata sul supporto»[12]. E questo avviene nella piena consapevolezza di chi guida il percorso didattico: infatti, rispetto all’uso del modello che precede il progetto, gli autori dichiarano che «in un processo inverso, queste sineddochi vorrebbero piuttosto rappresentare i principi, i paradigmi contenuti nelle nostre opere maestre, costruendo una parete di strumenti e di tecniche utili all’esperienza del fare nella didattica del progetto»[13]. Attraverso un peculiare uso del modello che permette di intendere «perciò la costruzione come un atto poetico, attraverso cui si rende manifesto il pensiero che soggiace allo spazio»[14]. Mettendo quindi in condivisione non dei risultati trattati come dati finiti, ma piuttosto un processo in corso, parte di un necessario dibattito sui temi affrontati.

[1] Gandolfi C. (2022) – “Appunti sulla didattica della costruzione in architettura”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche. Spazio, Struttura, Forma per un’idea di architettura collettiva. Libria, Melfi, 197.

[2] Muttoni A. (2006) – L’arte delle strutture. Mendrisio Academy Press, Milano.

[3] Gandolfi C. (2022) – “Appunti sulla didattica della costruzione in architettura”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., 195.

[4] Tupputi G. (2022) – “Il modello e la sineddoche”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., 13.

[5] Ibidem.

[6] De Venuto T. (2022) – “La forma dello spazio come tema per la struttura”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., 24.

[7] Martì Arìs C. (1990) – Le variazioni dell’identità. Il tipo in architettura. CittàStudi edizioni, Milano.

[8] De Venuto T. (2022) – “La forma dello spazio come tema per la struttura”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., 23.

[9] Ibidem.

[10] Tupputi G. (2022) – “Sollevare/Sospendere”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., 136.

[11] Ibidem.

[12] Braghieri N. (2020) – “Piccoli strumenti per grandi progetti”. In: Maillard N., Veillon C. (a cura di), Isle of Models. Architecture and Scale. Triest Verlag, Zurigo, 57.

[13] De Venuto T. (2022) – “La forma dello spazio come tema per la struttura”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., 24.

[14] Tupputi G. (2022) – “Il modello e la sineddoche”. In: De Venuto T., Tupputi G., Il modello come sineddoche op. cit., p. 16.


Nicoletta Faccitondo





Autore: Tiziano De Venuto, Giuseppe Tupputi
Titolo: Il modello come sineddoche
Sottotitolo: Spazio, Struttura, Forma per un’idea di architettura collettiva
Collana: Mosaico
Lingua del testo: italiano/inglese
Editore: Libria
Caratteristiche: formato 15 x 21cm, 228 pagine, brossura, a colori
ISBN: 978-88-6764-262-5
Anno: 2022