Esperienze di regionalismo critico in Cina

Nicola Pagnano




Nei 15 anni di esperienza in Cina (dal 2007 al 22) come architetto prima ed insegnante poi (presso la Xi’an Jiaotong Liverpool University), ho potuto assistere allo sviluppo di nuovi orientamenti e interessi culturali dell’architettura cinese. Dopo quasi 40 anni di architettura gestita centralmente dai grandi Istituti di Disegno di proprietà statale, dal 1990 in Cina è ricominciata l’attività professionale degli studi privati di architettura.

Il progresso economico e di conseguenza tecnologico degli ultimi vent’anni, dagli inizi del nuovo secolo ad oggi, ha portato ad un cambiamento nei processi costruttivi ed estetici dell’architettura cinese. I giovani architetti stanno amplificando la tendenza, molto limitata nel recente passato, verso un’architettura con una propria identità che potremmo definire come moderna architettura cinese. (Xue 2018).

L’evoluzione della pratica professionale in Cina nell’ultimo secolo: dagli Istituti di Disegno agli studi di architettura

Gli architetti britannici, americani ed europei hanno dominato il mercato dell’architettura a cavallo del ventesimo secolo fino all’arrivo della prima generazione di architetti cinesi formatisi presso le migliori istituzioni americane ed europee. «Questo è il momento in cui l’architetto di professionista in Cina avvia lo studio come una professione moderna, in modo simile ai paesi occidentali» (Xue, 2006; Rowe-Kuan, 2006).

Tra il 1949 e 1976 la maggior parte delle imprese straniere fu confiscata o nazionalizzata e il Partito ridusse gradualmente le opportunità professionali per gli studi di architettura. Di conseguenza, la maggior parte dei professionisti dell’architettura sciolse i propri studi individuali credendo che entrare a far parte di un Istituto di Disegno avviato dallo Stato avrebbe fornito un reddito stabile, assicurato le loro carriere e offerto più possibilità nella progettazione architettonica.

Il Partito e lo Stato erano diventati sia i committenti del progetto che gli appaltatori, così che i professionisti dell’architettura divennero dipendenti statali. Le attività di progettazione erano viste come un contributo alla modernizzazione nazionale e al bene pubblico (Hu 2009).

Nel novembre 1984, il Ministero delle Costruzioni concesse, per la prima volta, la possibilità all’architetto Wang Tianci di gestire uno studio privato di progettazione architettonica su piccola scala.

Ma la possibilità per le aziende private di incidere nel mercato iniziò solo negli anni ‘90 ad opera di Yung Ho Chang e il suo Atelier FCJZ.

Con la globalizzazione dell’economia e l’adesione della Cina al World Trade Organization (WTO), la struttura industriale e il sistema economico diedero impulso a significative riforme, fornendo una importante opportunità agli architetti e agli studi professionali di architettura. A partire dal 2002 infatti, il governo autorizzò le società straniere di architettura ad operare con partner locali, e dal 2006 con il Wholly Foreign-Owned Enterprise, ad avere uno studio di architettura con sede in Cina, ma con finanziatori e/o proprietari stranieri.

In quegli anni comunque, il grosso dell’architettura cinese era ancora gestita dagli Istituti di Disegno e dalle poche società straniere che si appoggiavano necessariamente ai partner locali. Gli studi privati di media e piccola dimensione, che operavano indipendentemente e potevano concentrarsi sul progetto di qualità, erano ancora pochi e non in grado di esercitare una qualche influenza nel contesto culturale dell’architettura.

Esperienza in Cina

Le esperienze dei miei primi due anni presso gli studi di Shanghai, dove mi sono trasferito nel 2007, mi fecero capire quanto il mio approccio al progetto e il mio linguaggio architettonico non appagassero interamente i clienti. Essi, infatti, non erano particolarmente interessati ai temi dell’identità e della cultura cinese o comunque sensibili ai problemi sociali ed ambientali, ma al contrario cercavano progetti dalla forte connotazione sbalorditiva, con concept facili da capire e visualizzare: un’architettura formalista che era in effetti ciò che veniva proposto dalla maggior parte degli architetti occidentali. Una tendenza che non ha ancora esaurito il suo corso e continua a produrre architetture atopiche e completamente estranee al contesto.

La committenza privata richiedeva principalmente architetture di ispirazione classica alla quale gli studi di architettura corrispondevano come strategia commerciale per vendere ai nuovi ricchi cinesi ville e palazzi che dovevano esprimere un concetto di ricchezza; un pastìš (patchwork) di ordini e stili dell’architettura occidentale che abbracciava tutti i secoli e le tipologie indistintamente come ad esempio, una chiesa gotica arricchita di colonne corinzie trasformata in villa.

Le architetture tradizionali cinesi erano associate agli edifici popolari in cui vivevano le persone di classe sociale più bassa che, seppure interpretate in chiave contemporanea, non esprimevano uno status symbol adeguato alle necessità dei nuovi ricchi, propensi piuttosto a dimostrare la propria ricchezza anche attraverso l’architettura.

Le molte esperienze progettuali alle quali ho avuto modo di partecipare, sono dimostrazione di questo difficile rapporto, tra memoria dell’architettura cinese ed oblio, tra la ricerca di internazionalismo e stereotipi di modernità.

Una delle prime esperienze progettuali che feci in Cina fu un progetto in un sito straordinario, il deserto della Mongolia interna. Il progetto consisteva nell’ampliamento di un resort esistente e nel recupero di un edificio destinato ai servizi.

La strategia adottata fu quella della conoscenza delle risorse fisiche e culturali del luogo messa in opera prima di tutto, da un rilievo e dalla visita dei villaggi dei dintorni, alla scoperta delle architetture spontanee e delle esigenze degli abitanti del luogo. Fu subito chiesta al committente la cartografia idrogeologica per individuare le falde acquifere, ma tra i materiali di base era disponibile unicamente una foto aerea del sito.

Questa immagine fu comunque di grande aiuto al progetto perché erano visibili le fasce di vegetazione che partivano dal lago e si estendevano nel deserto. Si decise di progettare un impianto planimetrico lungo le fasce aride, così da non toccare le fasce umide vegetative. Gli edifici progettati facevano riferimento alle architetture tradizionali amplificati da dispositivi di architettura bioclimatica. Purtroppo la committenza aveva scarsa considerazione degli edifici originali perché secondo i loro canoni estetici non erano adatti a restituire un’idea di resort esclusivo per turisti facoltosi. Il risultato è un enorme edificio atopico situato vicino al lago e circondato da campi da golf. La cosa peggiore che potesse essere realizzata in questo luogo sia dal punto di vista architettonico che paesaggistico.

I tempi non erano maturi per proporre temi di sensibilizzazione ambientale e identitari: questi non soddisfacevano i nuovi ricchi cinesi. I clienti si aspettavano progetti su cui riconoscere animali, draghi e farfalle della mitologia cinese oppure un pastìš classico eclettico.

Ancora nel 2012 feci un’esperienza di progettazione di un resort nel sud ovest della Cina, nel territorio dello Yunnan, vicino al confine con la Thailandia. Questa zona è famosa per la produzione del Pu Er tè, un tipo particolare di tè fermentato, tra i più costosi al mondo. Il progetto si colloca nella cima di una area montuosa, un punto chiamato Bai Ma Shan (Montagna del Cavallo Bianco).

Questa volta la proposta progettuale originò dal riferimento delle origini mitiche della fondazione delle città cinesi.

Si cominciò ad esplorare il territorio e a studiare le architetture locali. In quest’area della Cina si percepisce l’influenza delle architetture thailandesi soprattutto dei templi buddhisti. Si decise quindi di lavorare sulla tettonica delle architetture locali, in particolare dei templi, interpretando la complessità e la pesantezza del tetto in contrapposizione alla leggerezza delle pareti. La prima proposta consisteva in un disegno di una sezione di una delle unità del resort. 

La sezione aveva il compito di restituire in maniera forte il rapporto con il terreno e le relazioni tra l’interno e l’esterno dell’edificio. Inoltre, la sezione aiutava la visualizzazione spaziale, la scala e le proporzioni.

Questo metodo non era utilizzato negli studi cinesi dove la dirigenza si aspetta di vedere viste d’insieme, render scenografici, e solo in seguito, planimetrie e disegni.

Nel 2014 lavorai al progetto per un piano strategico per lo sviluppo del turismo. Visitai così l’area destinata al progetto, al confine con il Tibet, a Shenmulei, nella regione cinese del Sichuan dove vive una minoranza etnica tibetana. Il vecchio paese era stato sommerso da un bacino di contenimento d’acqua, e il nuovo paese era stato ricostruito con un’architettura patchwork di stilemi locali.

Quando arrivai nel sito visitai le aree interessate dal piano per lo sviluppo turistico, alla ricerca delle architetture locali. Erano tutte aree montane a 4000 metri. Quando la visita terminò mi accorsi che le architetture locali erano scomparse. La maggior parte degli edifici originali infatti, era stata sommersa. Tuttavia, durante la fase di rilievo territoriale si poterono identificare alcuni edifici tradizionali che erano a mezza costa delle montagne e si erano salvati. Tra i vari elaborati che consegnammo al committente, si elaborò un disegno in sezione che riprendeva i tipi originali schedati. Lo schizzo descriveva una porzione di strada con negozi, ristoranti, piccoli edifici alberghieri e chalet. Era un tentativo di dare delle linee guida di sviluppo di nuovi manufatti per il turismo, in direzione di una architettura rispettosa dei caratteri e dell’identità del luogo.

Nuovi orientamenti dell’architettura in Cina

L’esperienza presso la Xi’an Jiaotong Liverpool University

Se da un lato queste esperienze dimostrano le difficoltà incontrate presso la committenza cinese, dall’altra sono numerose le testimonianze di un processo di cambiamento di atteggiamento; le nuove generazioni di architetti che recentemente operano in maniera diffusa nel territorio, talvolta in luoghi remoti, soprattutto con progetti di piccola scala, infatti, hanno dimostrato una attenzione maggiore ai valori culturali e ambientali. Essi riconoscono l’importanza del Genius loci e di conseguenza il rapporto che l’architettura ha con il contesto fisico e culturale di appartenenza. I grandi studi americani e inglesi di stampo formalista, che dominavano il mercato delle grandi commesse con centinaia di architetti dal concept facile, sono ora sempre più affiancati a piccoli studi cinesi, italiani, spagnoli e francesi che hanno contribuito a cambiare la tendenza formalista con una architettura rispettosa delle identità e delle culture locali. Al gesto individualista si è sostituito il senso di identità, di responsabilità sociale ed etica. Alla bella forma, che seduce il grande investitore, ha preso posto, lentamente, una architettura basata sui valori della comunità e della riconoscibilità.

In questo nuovo corso dell’architettura cinese, gli architetti si misurano con quella che può essere considerata la costruzione tradizionale, in cui il tema della tettonica è chiaramente un aspetto determinante. Un altro tema non molto conosciuto è l’aspetto magico-propiziatorio e di auspicio che sottintende l’architettura cinese in cui misure, proporzioni e strumenti specifici regolavano la costruzione della tettonica dell’edificio. Un tema che sotto certi aspetti potrebbe trovare una correlazione con le sperimentazioni concettuali di Bernard Tschumi in The Manhattan Transcripts (1981) o con le proporzioni musicali adottate da alcuni maestri del rinascimento (Foscari-Tafuri 1983).

Presso la Xi’an Jiaotong Liverpool University (XJTLU) ho potuto sperimentare direttamente i cambiamenti che caratterizzano il nuovo corso dell’architettura cinese.

In quest’ultima scuola, così come alla China Academy of Art in Hangzhou, gli insegnanti compiono ricerca e sperimentano nei corsi di progettazione sui temi della tettonica e del regionalismo critico.

Con Adam Brillhart[1] ho avuto modo di lavorare su un processo progettuale con gli studenti del secondo anno che si riferisce alla tradizione della carpenteria. Il corso di progettazione sviluppava pertanto la tematica della tettonica e della carpenteria nei suoi aspetti più tradizionali, dai sistemi di misurazione agli aspetti magici e propiziatori.

La ricerca è consistita da un’indagine molto dettagliata sugli strumenti di misurazione utilizzati nella carpenteria degli edifici costruiti da Lu Ban, un famoso carpentiere cinese, ingegnere, filosofo e inventore vissuto tra il 507 e il 440 a.C.

Come spiega Brillhart nella sua ricerca[2], nella carpenteria tradizionale venivano utilizzati molti tipi di strumenti per misurare. Questi non solo permettevano di controllare le forme dell’edificio e gli elementi che lo costituivano, ma riflettevano anche alcune caratteristiche della cultura dell’abitare di una civiltà come quella cinese.

Gli strumenti di Lu Ban sono i più famosi nella cultura tradizionale della carpenteria cinese: ne esistono di tre tipi associati a tre diverse fasi di costruzione.

Il primo è il compasso. Il maestro di geomanzia utilizzava il compasso dotato di un ago magnetico per individuare l’orientamento dell’edificio e della porta di ingresso rivolta a Sud. Si basava su presagi legati alla posizione delle stelle e su alcuni fenomeni stagionali collegati al calendario cinese.

Il secondo misuratore, chiamato Gaochi, era lungo da 5 a 6 metri e largo pochi centimetri. Era fondamentale per controllare il rapporto dei componenti in una struttura in legno ed utilizzato per la costruzione e realizzazione della struttura di carpenteria. Con questo era possibile misurare e costruire alla scala reale (1:1). Nella tradizionale barra in legno, attraverso l’incisione di simboli, erano segnate le misure dei componenti strutturali e con l’uso di questa riga era possibile tagliare e dimensionare gli elementi in legno. In fase di costruzione serviva per indicare l’altezza o larghezza di ogni parte tettonica.

Il terzo strumento, il righello di Lu Ban, misurava circa 40 cm. Veniva utilizzato per determinare la dimensione di porte e finestre. È interessante spiegare il funzionamento di quest’ultimo strumento. Le dimensioni erano calcolate attraverso dei rapporti proporzionali il cui risultato era associato a dei poemi che fungevano da presagi. Il falegname attribuiva alle aperture un poema che sarebbe stato di auspicio, portando fortuna, ricchezza o felicità agli abitanti della casa. Tale auspicio rimaneva un segreto custodito dal carpentiere, mai svelato agli abitanti. Tutto il processo costruttivo, i disegni, i calcoli e gli strumenti erano tenuti in segretezza dal maestro falegname. Il righello era uno strumento personale di grandissimo valore che il carpentiere custodiva gelosamente.

Ecco che la sperimentazione con gli studenti sul tema della tettonica parte proprio dagli strumenti tradizionali e degli eventi (auspici): questo approccio ha portato a risultati interessati dal punto di vista della esperienza progettuale.

Ogni studente doveva costruire il proprio strumento per i dimensionamenti spaziali degli edifici, simile al righello di Lu Ban; utilizzare i poemi originali degli auspici e tradurli in eventi da concettualizzare per dare forma all’edificio. Il contesto del progetto era un antico quadro cinese; lo studente individuava, attraverso una serie di viste prospettiche in sequenza, dall’interno verso l’esterno, le relazioni dell’edificio con gli elementi del paesaggio contenuti nel dipinto.

Questo approccio doveva sensibilizzare gli studenti – futuri architetti – sull’importanza della cultura locale per trovare principi e riferimenti per il progetto e indirizzarli così verso un processo creativo che fonde la tradizione con il contemporaneo e predilige la propensione alla cultura, piuttosto che il formalismo autoreferenziale.

Qui di seguito sono riportati alcuni recenti esempi di architettura di Regionalismo critico in Cina, che si distinguono per qualità di attenzione ai caratteri del luogo e all’interpretazione delle architetture tradizionali, nonché un’intervista a Yiping Dong, architetto e storica dell’architettura, professore associato presso il Dipartimento di Architettura della Xi’an Jiaotong Liverpool University.

John Lin, Casa per tutte le stagioni, Shijia Village, Xi’an, Shaanxi Province, 2012. 

Il villaggio di Shijia si trova nella provincia dello Shaanxi, nel nord-ovest della Cina. Lo sviluppo, nelle aree rurali come Shijia, abbandona tipicamente gli stili tradizionali a favore di tipologie abitative più generiche. Questo è in parte il risultato del graduale allontanamento dell’area dall’autosufficienza economica: poiché la manodopera tende a migrare verso centri più urbanizzati, l’autocostruzione collettiva tradizionale è sempre più resa impraticabile. Di conseguenza, la manodopera e i materiali esterni sono diventati la forza trainante nella definizione della scena dell’edilizia rurale. Finanziato dal Luke Him Sau Charitable Trust con il sostegno della Shaanxi Women’s Federation e dell’Università di Hong Kong, questo progetto prende in considerazione l’idea del vernacolo della casa di villaggio e propone un prototipo contemporaneo. Combinando idee provenienti da altre regioni della Cina e tecnologie tradizionali e innovative, il design è un modello per la moderna casa cinese con cortile in mattoni di fango.

Tutte le case nella regione intorno a Shijia sono costruite con mattoni di fango e occupano appezzamenti di terreno di 10 per 30 metri. Il progetto promuove un’alternativa sostenibile all’interno di questo quadro integrando terra battuta, biogas, stoccaggio dell’acqua piovana e sistemi di pulizia del canneto.

Servendo anche come centro per l’artigianato femminile, la Shijia House unisce l’identità individuale e collettiva del villaggio. La costruzione della casa ha avviato una nuova fase per l’economia locale, sviluppando una nuova attività cooperativa nella tradizionale tessitura della paglia. Nel complesso, il progetto rappresenta un tentativo architettonico di evolvere consapevolmente le dinamiche delle case rurali in Cina.

(dalla relazione di progetto, John Lin 2012).

Neri&Hu Design and Research Office, The Walled, Tsingpu Yangzhou Retreat, Yangzhou, 2017

Riuso di un edificio esistente per un boutique Hotel di 20 stanze.

Il progetto di Neri&Hu interpreta il tema degli edifici a corte e dei giardini di Suzhou, ad esempio la residenza di Han in Dongbei road a Suzhou, la residenza di Peng in Shiia Alley a Suzhou e la residenza di Pan in Nanshizi road a Suzhou. In questi tipi si leggono chiaramente gli ‘spazi serviti e gli spazi serventi’, attraverso l’uso di lunghi corridoi di servizio che collegano le stanze, e un percorso centrale che si sviluppa lungo una sequenza di corti e stanze che generalmente si conclude in un giardino. Questo aspetto tipico delle residenze signorili di Suzhou viene rivisitato in chiave moderna dagli architetti con studio a Shanghai che riescono a tenere insieme attraverso un impianto planimetrico rigoroso, temi diversi della progettazione come il recupero e il nuovo, la modernità e la tradizione in un complesso unico perfettamente in equilibrio con il contesto.

Intervista a Yiping Dong[3]. 

Nicola Pagnano: Professoressa Dong, può descrivere il rapporto tra l’architettura regionale cinese e il passaggio dagli Istituti di Disegno alla diffusione di piccoli e medi studi di architettura.

Yiping Dong: La grande trasformazione dal punto di vista economico degli ultimi vent’anni influenza anche la tecnologia e di conseguenza il processo costruttivo delle imprese edilizie. L’innovazione nei processi costruttivi offre ai progettisti maggiori soluzioni tecniche precedentemente limitate.

Grazie all’apertura al mondo è possibile accedere ad informazioni di architettura dagli standard più elevati e di conseguenza sensibilizzare l’educazione critica nei confronti del costruito attraverso i media, l’editoria, le mostre di architettura e i concorsi pubblici aperti. Tutto ciò porta a una comprensione più ampia dell’architettura non solo tra i giovani, che hanno più facile accesso alle informazioni, ma anche tra le grandi società immobiliari e altri investitori.

La comprensione da parte del grande pubblico di una architettura di qualità era molto limitata a causa della mancanza di una educazione estetica. Gli Istituti di Disegno fino agli anni ‘90 non erano stimolati a realizzare architetture ‘belle’, perché’ mancava sia la competizione tra gli stessi che i bandi di progettazione pubblici, in quanto gli istituti di disegno erano statali e possedevano le imprese di costruzione. Con l’entrata nel OMC e l’apertura alle compagnie internazionali (2000) i processi per l’ottenimento delle commesse cambiano e di conseguenza la qualità delle proposte.

L’architettura di I. M. Pei è stata un importante punto di riferimento nell’interpretazione della nuova architettura cinese moderna, si pensi al Fragrant Hill Hotel costruito nel 1982 a Pechino e il più recente museo di Suzhou costruito nel 2006. Comunque, tra gli anni ‘50 e ‘90 furono costruiti esempi di architettura cinese moderna estremamente interessanti, sono architetture non riconducibili ad un unico stile architettonico. Queste rarità testimoniano la presenza di un’elite di architetti che non ha mai smesso di realizzare edifici con un valore estetico e una certa identità. Ne sono un esempio il Peace Hotel di Pechino (Heping Hotel), arch. Yang Tingbao, 1953, il complesso residenziale del Baiyun del 1962 e il progetto per le ville chiamato Double Creeks a Guangzhou realizzati dal Guangzhou Architecture Design Institute nel 1963. Questi due progetti a Guangzhou hanno combinato la caratteristica del giardino regionale nel sud della Cina con l’approccio spaziale dell’architettura moderna.

A seconda dei periodi, questa architettura non era sempre accettata o ben vista dalle istituzioni e tutt’oggi è quasi sconosciuta. Forse è il seme di una architettura che riflette il senso di appartenenza che negli ultimi anni si sta diffondendo come principio generatore tra le nuove generazioni di architetti. Nel periodo in cui gli istituti cominciarono a diventare delle entità indipendenti, non più gestite dallo stato, cominciarono ad assumere architetti stranieri e giovani architetti cinesi ritornati dagli studi all’estero; la loro presenza aiutò ad innalzare la qualità dei progetti nella consistente produzione dei manufatti architettonici. Oltre a questo, i media supportarono la nuova tendenza mostrando attraverso programmi televisivi cosa è una ‘bella’ architettura e cosa non lo è. Una sorta di guida per l’opinione pubblica.

NP: Ricordo che la vittoria del premio Pritzker di Wang Shu nel 2012 fu un momento particolare per noi architetti che lavoravamo a Shanghai. Credo che quell’evento abbia riconosciuto a livello internazionale che esiste uno stile cinese regionale, e molti architetti e studi in Cina che già operavano da anni in questa direzione si sono visti riconoscere finalmente i loro sforzi e le loro architetture. Mentre i nuovi studi hanno cominciato finalmente a proporre architettura con una forte impronta identitaria, che rispetta i caratteri e la cultura del luogo.

YD: Sì, è stato molto influente nel mondo professionale e accademico. Vi furono molte conferenze e programmi televisivi che diffusero questa notizia. Gli studenti volevano sapere di più dell’architettura di Wang Shu e capire le motivazioni che hanno portato un’architettura regionale a vincere il premio Pritzker. L’impatto è stato importante e alcuni governi cercarono di realizzare progetti simili in quella regione. Ma non c’è ancora quella coscienza sociale che capisce l’importanza dell’identità del luogo nel progetto, il più delle volte gli amministratori cercano l’architetto famoso, più che uno stile rappresentativo di una cultura locale. Il regionalismo critico, come l’architettura tradizionale cinese, più che una architettura con valori estetici riconducibili a dei valori artistici, è considerato come una architettura pratica e tettonica. Inoltre, l’accesso alle mostre di architettura regionale che promuovono e divulgano questo stile è limitato agli addetti ai lavori più che a un pubblico più esteso. Infatti, al di fuori del mondo accademico e architettonico, la gente non è ancora consapevole del significato del contributo di Wang Shu. Ad Hangzhou, dove esso opera, forse le persone non conoscono il nome dell’architetto, ma quel tipo di architettura ora è riconosciuta come una “bella architettura”.

Note 

[1] Il dott. Adam Brillhart è Assistant Professor presso il Dipartimento di Architettura di XJTLU. Nel 2012 ha ricevuto una borsa di studio dal governo cinese ed è stato il primo dottorando non cinese di Wang Shu presso la China Academy of Art.

[2] Vedi: Brillhart, Adam, Dong Yiping, Zhang Yuyu. “Conservation Practice of the Wooden Gaochi Instrument, An Exploration in Architectural Tools and Design Inheritance”. Xi’An Jiatong-Liverpool University SURF. Jul-Aug-2021.

[3] La dott.ssa Yiping Dong è professore associato presso il Dipartimento di Architettura della Xi'an Jiaotong Liverpool University. È architetto e storica dell'architettura.

Bibliografia

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HAN JIAWEN, (2017) – China’s architecture in a globalizing world: between socialism and the market, Routledge, New York. https://digitalcommons.unl.edu/dissertations/AAI3359467

HU XIAO (2009) – Reorienting the profession: Chinese architectural transformation between 1949 and 1959. ETD collection for University of Nebraska - Lincoln. AAI3359467.

LEFAIVRE L., TZONIS A. (2003) – Critical Regionalism: Architecture and Identity in a Globalized World. Prestel, New York, London.

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