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Sempre più spesso, il progetto di
architettura sta divenendo un progetto di specializzazione, concentrato
nell’esaltare un solo specifico aspetto. Attraverso immagini
accattivanti si raccontano progetti che esaltano forme scultoree,
attraverso relazioni tecniche viene raccontata l’efficienza
tecnologica di architetture assimilabili a vere e proprie
“macchine”. Sempre più rare sono invece
le occasioni nelle quali un progetto di architettura viene accompagnato
da una relazione che ne espliciti le ragioni ed i principi compositivi.
Il progetto e l’elaborazione del progetto rappresentano la
centralità intorno alla quale orbitano gli scritti del libro
di Raffaella Neri. Nei diversi temi affrontati lo sguardo della ricerca
assume un punto di vista differente rispetto a quanto accade con
frequenza nella contemporaneità, non è
focalizzato sulle specificità ma sui caratteri di
generalità, sulle ricorrenze che permettono di dare una
validità oggettiva al progetto. Generalità di
scelte, generalità di principi, che conducono ad una
capacità di tenere insieme, come fa un regista lungo la
realizzazione di un film, i diversi aspetti di cui un progetto di
architettura è composto.
Al fine di distogliere l’attenzione dalle
specificità, cercando di individuare dei principi e mettere
ordine tra i problemi che un progetto nella sua complessità
deve risolvere, tutta una prima parte del libro si concentra sul ruolo
che la teoria può investire. Teoria che l’autrice
intende come fondamento necessario per elaborare progetti attraverso i
quali ci si possa confrontare, progetti nei quali la soluzione formale
conclusiva restituisca in maniera riconoscibile la ragione
dell’edificio stesso. Pertanto, nell’affrontare i
vari aspetti che compongono l’iter progettuale, è
necessario perseguire il fine generale dell’opera, i principi
sui quali si fonda e non farsi deviare dagli individualismi.
Il libro è composto da pensieri e riflessioni, definiti in
quasi trent’anni di formazione e carriera accademica
dell’autrice, messi su carta in più occasioni;
ricerche e lezioni universitarie, pubblicazioni, seminari di progetto e
convegni internazionali. La raccolta risulta quindi ricca di temi e di
casi studio differenti tra loro, ricorrono però le tesi che
l’autrice prova a verificare, confrontando e astraendo, le
lezioni che offrono le città storiche e i progettisti
assunti quali maestri. Tesi che appartengono ad una doppia
scalarità del progetto: alla scala dell’edificio
ci si concentra sul ruolo della costruzione in quanto atto fondamentale
dell’architettura; alla scala urbana, al contrario,
l’attenzione è posta all’esterno del
manufatto e si indagano le relazioni che le architetture sono in grado
di instaurare tra loro e con il contesto che le circonda.
La costruzione non viene affrontata in modo tecnico come potrebbe fare
l’ingegnere, ma indagando l’incontro tra il
problema della costruzione ed il problema dell’espressione.
Architetture di progettisti quali Peter Behrens, Mies van der Rohe, gli
architetti della Scuola di Chicago ed i maestri del calcestruzzo armato
italiano vengono individuate come casi studio eccezionali capaci di
esaltare il ruolo della costruzione. Le scelte ed i principi
costruttivi che si riescono a dedurre attraverso l’analisi di
tali progetti permettono di comprendere come il racconto della
costruzione possa divenire l’occasione migliore per
manifestare il significato dell’edificio.
Le relazioni tra architetture, e tra architetture e contesto,
rappresentano invece la capacità di costruire luoghi e
definire l’identità dei luoghi stessi. Tale
capacità diviene l’obiettivo principale da
perseguire durante la progettazione urbana se, come sostiene
l’autrice, attraverso il progetto urbano si aspira ad
un’idea di città intesa come composizione di
luoghi, sequenza di luoghi differenti ma relazionati, appartenenti alla
sfera urbana, allo spazio pubblico e allo spazio della residenza.
Il titolo del libro, il filo di un pensiero, fa sicuramente riferimento
al percorso personale già citato di Raffaella Neri, tuttavia
nelle scelte dei temi e nei modi di interpretazione di essi pare
riconoscersi un fil rouge generale che fa riferimento ad un
atteggiamento, ad una postura con la quale rivolgersi al progetto. Un
modo di fare architettura che si fonda sulla conoscenza come primo atto
di consapevolezza e responsabilità
dell’architetto, che ricerca una validità
oggettiva del progetto attraverso lo sviluppo
dell’attività deduttiva di regole e principi
riconoscibili in maniera razionale. Un modo di fare architettura che,
in conclusione, inquadrando il progetto come occasione di confronto,
come continua opportunità di crescita, e rivolgendosi
principalmente a studenti ed appassionati del progetto, appartiene ad
un modo di fare scuola di architettura.
Marvin Cukaj
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