Perspecta e la produzione mediatica dell’architettura postmoderna americana
AnnMarie Brennan
Introduzione [Figura 1]
Per capire il significato di un singolo numero di una rivista studentesca, (il numero 9/10 del 1966) bisogna prima comprendere l’ambiente in cui si è sviluppata. Fondata presso la Yale School of Architecture nel 1952, «Perspecta» è la più antica e longeva rivista studentesca di architettura degli Stati Uniti. Questa rivista si contraddistinse rispetto agli altri periodici di architettura perché fu tra le prime ad approcciarsi a tematiche legate al progetto dal punto di vista artistico, storico e teorico e, per molti aspetti, potrebbe essere considerata come la sede in cui la teoria dell’architettura, passando per l’Italia, giunse sulle rive americane.
Tuttavia, Norman Carver, uno dei redattori del primo numero di «Perspecta», insieme a Joan Wilson e Charles Brickbauer, negò che il giornale fosse un’ideazione di Howe. «La prima ragione [della nascita del giornale]» scrive Norman Carver, «è stata la nostra frustrazione per la mancanza di progetti stimolanti e la totale assenza di contenuti che caratterizzavano le riviste di architettura commerciale dell’epoca». «La seconda ragione, comunque legata alla prima», continua Carver, «… è stato il piacere per le lezioni stimolanti e le discussioni con insigni critici e figure come Lou Kahn, Phillip Johnson e Bucky Fuller. Nonostante molto di questo materiale si sia rivelato effimero, parte di esso ha costituito uno degli aspetti tra i più importanti della nostra formazione architettonica e, per questo, abbiamo ritenuto che esso dovesse essere efficacemente preservato e diffuso»[4].
Significato di «Perspecta» 9/10
A differenza dei precedenti numeri di «Perspecta», che pubblicavano interviste e articoli di architetti che hanno insegnato nella scuola di Yale, la linea editoriale di Stern privilegiò la divulgazione di articoli di storici dell’architettura come Vincent Scully e George Hershey alla ricerca di giovani architetti in grado di definire un nuovo movimento dell’architettura americana. I numeri non includevano una dichiarazione editoriale o un’introduzione, tuttavia, la presenza di un indice contenente l’elenco dei nomi degli autori/progettisti associati ognuno a una breve biografia, suggeriva il tentativo di far emergere un nuovo movimento nell’architettura americana.
Robert Venturi, Charles Moore e Romaldo Giurgola sono tre architetti che hanno pubblicato articoli su Perspecta 9/10 e tutti furono selezionati per ricoprire l’incarico di Preside della Yale School of Architecture, dopo il ritiro di Paul Rudolph. Sosteneva Stern, «questi architetti erano in gran parte sconosciuti tranne che per «Perspecta» 9/10»[11].
Secondo Stern, il modo in cui ha conosciuto questi giovani e poco conosciuti architetti è stato per mezzo di una serie di presentazioni e incontri casuali con amici, insegnanti e altri architetti.
La panoramica di Lyndon sullo stato attuale dell’architettura negli Stati Uniti presentava molti degli stessi architetti e progetti che Stern prese in considerazione nei suoi numeri di «Perspecta». Tra questi architetti descritti sia nell’articolo di Lyndon che nella «Perspecta» di Stern erano presenti: Louis Kahn, Robert Venturi, Philip Johnson, Mitchell, Giurgola, Kallman, McKinnell e Knowles (entrambi sul progetto Boston City Hall) e Charles W. Moore. Inoltre, il numero di «Casabella» conteneva un editoriale illuminante di Ernesto N. Rogers che, forse, anticipava il dibattito White/Gray che seguirà negli anni Settanta. Nell’editoriale, “Molte Americhe in una”, Rogers sosteneva che «gli americani non si curano più soltanto del presente e del futuro ma recuperano il loro passato; cercano di affermare una tradizione in cui poter costituire, attraverso le molteplici parole, un linguaggio unitario che, al di là delle origini filologiche, possa esprimere una realtà autonoma e scevra di debiti verso le esperienze altrui»[18]. Nonostante la ricerca di un linguaggio unificato, Rogers rileva che due diverse Americhe possono coesistere rendendo il paese ricco di “scontri dialettici”. Tuttavia, nonostante questo successo, non riescono a scoprire un ambiente “figurativo” o una lingua per esprimere questa loro diversità. Scrive Rogers a proposito: «Questa società è attratta da due poli opposti: da una parte si determinano i problemi della metropoli germogliata dallo sviluppo industriale, sia con l’affrontare i grandi temi richiesti dai suoi bisogni pratici, sia usando gli strumenti tecnici negli stessi organismi; dall’altra parte l’opposizione alla metropoli suggerisce architetture piccole, modeste costruite in legno e con altri semplici mezzi.»[19] Molti anni dopo, nell’articolo New Directions in Modern American Architecture: Postscript at the Edge of Modernism, Stern continuò la “filologia” dell’architettura di Lyndon, chiedendo un linguaggio architettonico comunicativo che fosse incorporato con il significato culturale[20]. Come nei suoi scritti precedenti, Stern citava Venturi e Moore come i fondatori dello storicismo postmoderno, segnalando un passaggio da un formalismo moderno autonomo a un nuovo modo di affrontare il progetto di architettura che affermava il suo significato culturale. Questo mutamento si ritrova in particolare attraverso la facciata, tema evidente nell’opera di Venturi, nel contesto della città, essenza del lavoro di Giurgola, e infine nell’idea di una memoria culturale. Questi tre temi sono stati sintetizzati da Stern come contestualismo, allusionismo e ornamentalismo. Conclusioni Stern fu affascinato dagli architetti Venturi, Giurgola e Moore dal momento in cui iniziò a considerare quei progettisti in grado di comprendere il valore della storia dell’architettura all’interno del progetto, affermando che: «Questi architetti erano persone colte che potevano parlare di architettura, non solo in termini di dadi e bulloni o del corrente lavoro di tutti i giorni, riferendosi a Mies, Le Corbusier o Wright, ma riferendosi a Michelangelo, all’urbanistica e al contesto architettonico. Ciò era in contraddizione con l’architettura autoreferenziale di quei giorni»[21]. E non diversamente da Soane, Alberti, o Palladio, questi architetti avevano iniziato a scrivere, nuovamente, del loro lavoro in modo autoriflessivo e sistematico.
[1] Henry-Russell Hitchcock, Food for Changing Sensibility, Perspecta 6, 1960.
[2] Gran parte delle informazioni raccolte in questo lavoro sono tratte da un’intervista a Robert A.M. Stern realizzata nel suo ufficio a Manhattan nel giugno del 2011. Si veda anche la pubblicazione, Robert A.M. Stern and Jimmy Stamp, Pedagogy and Place: 100 Years of Architecture Education at Yale (New Haven: Yale University Press, 2016), 239.
[3] Robert A.M. Stern, Peggy Deamer, e Alan Plattus, eds. Rereading Perspecta: The First Fifty Years of the Yale Architectural Journal (Cambridge, M.A.: MIT Press, 2005), xvi.
[4] Norman Carver, corrispondenza via mail con l’autore, 11 febbraio 2000.
[5] Peter D. Eisenman, From Object to Relationship II. Casa Giuliani Frigerio: Giuseppe Terragni, Casa del Fascio, in Perspecta 13/14, 1971, pp. 36-65
[6] Paolo Soleri, Utopia and/or Revolution, in Perspecta 13/14, 1971, pp. 280-285; Manfredi G. Nicoletti, The End of Utopia, in Perspecta 13/14, 1971, pp. 268-279
[7] Kate Nesbitt, ed., Theorizing a New Agenda for Architecture. An Anthology of Architectural Theory 1965 – 1995, (Cambridge, M.A.: MIT Press), 26. Sul dibattito White/Grey vedi “White and Gray,” a + u: Architecture and Urbanism, 4 (52) (1975): 25-80; e in questa rivista, Emanuela Giudice, The Architecture Between ‘Whites’ and ‘Grays’ Tools, Methods, and Compositive Applications, FAMagazine, 30, Nov-Dec. 2014.
[8] Robert A.M. Stern and the Architectural League of New York, 40 Under 40: An Exhibition of Young Talent in Architecture (New York: Architectural League of New York, 1966); Robert A.M. Stern, New Directions in American Architecture, (New York: George Braziller, 1969); Robert A.M. Stern, Gray Architecture as Post-Modernism, or Up and Down from Orthodoxy, L’Architecture d’aujourd’hui, 186 (August-September 1976); Robert A.M. Stern, New Directions in Modern American Architecture: Postscript at the Edge of Modernism, AAQ, 9, (2-3) (1977), 66-71.
[9] Casabella Continuità n. 281 novembre 1963 intitolato Architettura USA. Si segnala anche il successivo numero doppio 294-295 del dicembre 1964 - gennaio 1965 intitolato Problemi USA e dedicato interamente agli Stati Uniti
[10] Architecture d’Aujourd’hui n. 122 del 1965 intitolato USA 65
[11] Stern and Stamp, Pedagogy and Place, 239.
[12] Denise Scott Brown, Team 10, Perspecta 10 and the Present State of Architectural Theory, AIP-Journal, vol. 33, no. 1 (Jan. 1967), 42-50.
[13] Denise R. Costanzo, ’I Will Try My Best to Make It Worth It,’ Robert Venturi’s Road to Rome, Journal of Architectural Education, 70:2, Oct. 2016: 269-283.
[14] Romaldo Giurgola, Notes of Architecture and Morality, Precis II, Columbia University Graduate School of Architecture, (1980): 51-52.
[15] Donlyn Lyndon, Filologia dell’architettura americana, Casabella Continuità, no. 281, 1963: 8.
[16] Lyndon, Philology of American Architecture, 8.
[17] Lyndon, Philology of American Architecture, 8.
[18] Ernesto N. Rogers, Molte Americhe in una, Casabella Continuità, no. 281, 1963: 1.
[19] Rogers, Molte Americhe in una, Casabella Continuità, 1.
[20] Robert A.M. Stern, New Directions in Modern American Architecture: Postscript at the Edge of Modernism, AAQ, 9, (2-3) (1977), 66-71.
[21] Robert A.M. Stern, intervista dell’autore, giugno 2011.
[22] Nicholas von Hoffman, Professionals: Robert A.M. Stern. The making of a Legend in the World of Architecture, Architectural Digest, 31 Marzo, 2004. http://www.architecturaldigest.com/story/stern-article-042004 (Accessed March 26, 2017)
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